Mancano gli addetti alla sicurezza Valtellina, si fermano le funivie
Stop agli impianti di Aprica e Chiesa Valmalenco: senza collaudi settore in ginocchio
«Non entriamo nel merito delle ragioni della protesta, ma sono a rischio milioni di euro di investimenti. Ogni giorno perso rappresenta mancati incassi e non è accettabile dopo tutti i problemi che abbiamo dovuto superare negli ultimi due anni: la chiusura per il Covid, le restrizioni, i rincari energetici e le scarse precipitazioni». Massimo Fossati, presidente Anef Lombardia (Associazione nazionale esercenti funiviari) non nasconde la preoccupazione. Sull’inizio della stagione sciistica, che prende tradizionalmente il via con il ponte dell’Immacolata, pende la spada di Damocle dell’agitazione sindacale indetta dal personale dell’Agenzia nazionale per la sicurezza delle ferrovie e delle infrastrutture stradali, che comprende anche gli addetti ai controlli e ai collaudi degli impianti di risalita. Senza il loro nulla osta impossibile aprire le nuove seggiovie o le funivie che sono state sottoposte alle revisioni previste per legge. Una decina in Lombardia gli impianti in attesa di collaudo, alcuni vitali per la fruizione dei comprensori.
In Valtellina la situazione più critica. Ferma la Snow Eagle, la funivia che in Valmalenco porta gli sciatori al Palù. Così la nuovissima seggiovia quadriposto della Piana dei Galli ad Aprica. Bloccata l’attività anche a Pescegallo. Si attende il sopralluogo dei tecnici ministeriali: trecento in Italia. «Troppo pochi per poter far fronte a tutte le richieste — spiegano i sindacati —. Il personale è insufficiente e non adeguatamente incentivato. Deve farsi carico di oltre 5mila impianti di risalita, ma anche di ferrovie, autostrade, metropolitane, ascensori e scale mobili dell’intero paese». Fumata nera nell’ultimo incontro presso il ministero, con i tecnici che hanno indetto per il 12 dicembre un sit-in di protesta a Roma. «Non abbiamo incrociato le braccia. I collaudi procedono, ma a rilento proprio per la mancanza di personale». Intanto però alcuni comprensori restano paralizzati.
«È aperta la parte alta del Palabione e del Baradello, ma la Magnolta, servita dalla nuova seggiovia resta chiusadice Domenico Cioccarelli, presidente della Sita di Aprica-. Sono fiducioso che la situazione si sblocchi e a giorni arrivino i tecnici per i collaudi, ma se così non fosse sarebbe un disastro». Ad Aprica l’impianto, pronto da fine novembre, è stato realizzato grazie a un patto territoriale che ha visto lavorare insieme Regione, amministrazione comunale e Sita, società che conta oltre 600 soci. Sono stati investiti tre milioni di euro. La seggiovia quadriposto sostituisce un vecchio impianto e consente di collegare i diversi comprensori a partire da 1.800 metri di quota. «C’è la funivia che sale alla Magnolta — prosegue Cioccarelli —, ma non c’è abbastanza neve per scendere con gli sci fino in paese e se viene meno la possibilità di passare da un versante all’altro è tutto inutile. Una intera montagna chiusa a ridosso delle festività natalizie. Prego veramente politici e istituzioni di trovare una soluzione, sono sicuro che le nostre richieste non rimarranno inascoltate». Situazione simile in Valmalenco dove la stagione sciistica inizia oggi.
Le piste sono raggiungibili con la seggiovia San Giuseppe Barchi che porta fino ai duemila metri dell’Alpe Palù. Giornaliero a 32 euro fino al 23 dicembre e l’innevamento artificiale che sopperisce alle scarse precipitazioni. Resta ferma però la funivia Snow Eagle, sottoposta a manutenzione straordinaria ventennale, con un investimento di un milione e mezzo di euro, anche lei in attesa del collaudo finale. «È da maggio che i nostri addetti lavorano senza sostasottolinea Franco Vismara, amministratore della ski area -. Sabato, domenica, festivi, senza mai fermarsi per consentirci di arrivare pronti all’apertura degli impianti. E adesso siamo bloccati per un’agitazione sindacale. Capisco i problemi dei lavoratori, ma la soluzione va trovata e in fretta. A rischio c’è l’economia di un’intera valle».
L’organico «Troppo pochi i 300 tecnici ministeriali per far fronte a tutte le richieste»