IL LASCITO DI SEVERINO
Per il fisico Albert Einstein era un’illusione. Per il filosofo Johann Gottfried Herder era il maggiore tiranno del mondo, insieme al caso. Dall’alba dei tempi (scusate il gioco di parole) il Tempo è un bel rovello per i filosofi. Per i primi duemila e cinquecento anni, insomma da Talete a Hegel (passando per il Cristianesimo), i maestri del pensiero sono stati convinti che esistesse un Principio eterno in grado di salvare il mondo dal Tempo. Dal 1850 a oggi, in epoca di empirismo e fenomenologia, il Tempo s’è sciolto come neve al sole e si è affermata la semplice temporalità. Infine nel Novecento, proprio a Brescia, s’è affacciato il pensiero di un filosofo sovversivo che ha spiegato che il Tempo è un processo di apparire e scomparire di Enti eterni. Quel filosofo era Emanuele Severino e chi ragiona di queste cose, in un tranquillo venerdì di mezzo inverno, è Nicoletta Cusano, sua allieva e direttrice scientifica del Centro Casa Severino – Associazione Studi Emanuele Severino. Davanti a lei, che è in video collegamento, nel seminterrato di via Callegari 15 c’è una variegata platea di insegnanti, professionisti e di giovani. Fanno parte dei 4.000 studenti italiani che partecipano alle «Romanae Disputationes», un concorso nazionale di filosofia indetto da un’associazione dal nome fascinoso: Apis (Amore per il sapere). Quest’anno il tema da affrontare è appunto il Tempo e Casa Severino ha messo a disposizione la conferenza di Nicoletta Cusano. L’aria un po’ catacombale del seminterrato non tragga in inganno: a tre anni dalla sua apertura Casa Severino è un cuore vivo e pulsante di pensiero, interessi, dibattiti.
Bussi e ti viene ad aprire una ragazza freschissima di laurea in filosofia. Di là un suo coetaneo smanetta per aggiornare il sito web e i social di Casa Severino dove il pensiero del professore è sminuzzato a misura di post, a beneficio di centinaia di followers. I due giovani fanno parte del Gruppo Ars (Attività ricerca studio) che alimenta la vita di questa Casa Museo che continua ad attirare visitatori (900 nelle giornate del Fai, un flusso regolare e continuo nelle 150 ore annuali di apertura): tutti vogliono vedere dove Severino scriveva i suoi articoli per il Corriere della Sera, dove ha pensato e rifinito «La struttura originaria». L’edificio è stato rigirato come un guanto. Una tranquilla casa privata è stata trasformata in un Museo pubblico (con standard di sicurezza commisurati) eppure oggi si presenta esattamente come la vedeva e la viveva il professore. Nel frattempo c’è chi lavora a digitalizzare l’archivio con i suoi carteggi e i suoi appunti. Altri si concentrano sulla catalogazione dei 16 mila volumi della biblioteca: l’impresa è a un quarto del percorso, richiede pazienza, vanno catalogate anche le dediche degli autori e le annotazioni di Severino. Poi c’è l’attività editoriale con due riviste (Filosofia Futura ed Eternity & Contradiction), ci sono i convegni e le presentazioni di libri, ci sono le ricorrenze da onorare (Emanuele Severino è morto il 17 gennaio di quattro anni fa, il 29 febbraio compirebbe 95 anni). Un’attività così alacre è resa possibile dalla convenzione con il Comune di Brescia, ma sarebbe impensabile senza la dedizione di tanti volontari, di tanti giovani. Sulla tolda di comando di Casa Severino c’è Anna, figlia del professore e sua prima discepola, polso fermo e visione chiara. Per lei il Comitato scientifico è il presente, ma i giovani del gruppo Ars sono il futuro di questo nucleo prezioso e discreto, annidato a Brescia, da cui si irradia la forza di un insegnamento esigente.
Nicoletta Cusano ha intitolato un suo saggio con un verso di Montale: «Eppure resta che qualcosa è accaduto». In via Callegari 15 è accaduto che sia sbocciato un pensiero impervio e affascinante, tagliente e suggestivo. E che la sua eco, in maniera inaspettata, continui a crescere.