Quei vizi dell’alta borghesia
Scatola Lilla la presentazione del nuovo giallo diWanderlingh «L’ispettrice Landi indaga su duemortimisteriose nellaMilano bene»
Anita Landi lui l’avrebbe chiamata volentieri almaschile, ispettore Landi. Ispettrice, come premeva la casa editrice, non gli suonava affatto. Con un amico carabiniere, aveva poi provato a declinare al femminile i diversi gradi dell’arma: arrivati amaresciallo, avevano (tristemente) convenuto che marescialla riportava ai bmovie erotici degli anni Settanta. E Anita, toscana della provincia di Grosseto, di stanza all’Anticrimine di Milano, è diventata ispettrice. Martedì 16, alla Scatola Lilla, l’autore presenta il suo nuovo libro, «L’enigma della carta di Varese» (Guanda), terzo caso per Anita Landi.
Veloce presentazione della Landi.
«Ruvida come la terra da cui viene, la Maremma. Indipendente, abituata a contare solo sulle sue forze: i genitori sono mancati quando lei era piccola ed è stato lo sport a forgiarle il carattere. È un’atleta delle Fiamme d’Oro, ma molla l’agonistica alla morte del fratello, alla vigilia delle Olimpiadi del 2016. Ed entra attivamente in polizia».
Qui la ritroviamo con i due storici coinquilini, l’avvocato Gazzola e l’amministratore di condomini Valli.
«È un nucleo bizzarro, che ha assunto i contorni della famiglia: la convivenza con i due uomini, entrambi separati e padri di una figlia, le regala equilibrio. Giacomo è pacato e accondiscendente, Francesco soffre di agorafobia e claustrofilia, disturbo che include l’autoreclusione e l’ansia sociale, sconosciuto e non trattato fino a poco fa, sono stati gli hikikomori giapponesi a portare alla luce il fenomeno».
L’indagine prende il via dal ritrovamento dei cadaveri di due donne in un lussuoso appartamento in piazza Giovine Italia. Madre e figlia.
«Omicidio-suicidio? Forse. Landi passa al setaccio condominio e amici delle vittime. Ho calcato la mano, usando il metro dell’esagerazione, soprattutto per il gruppo frequentato dalla madre, Virginia Contini. Amici per convenienza, per paura della solitudine: tutti con uno scheletro nell’armadio, enorme, non le piccole ossa che abbiamo più o meno tutti! E sempre a loro ho affibbiato quel tratto irritante, e da milanese mi permetto di dire molto milanese, che è l’arte del parlaremale alle spalle di un assente».
La giovane deceduta, Elisa Boari, è una compagna di scuola delle figlie di Francesco e Giacomo. Il quadro che ne esce è desolante.
«Scavo nei vizi dell’alta borghesia cittadina e individuo nei comportamenti sopra le righe e nell’ostentazione dei ragazzi unamancanza di ideali e valori. Le colpe dei “miei” due padri? L’assenza e l’incapacità di instaurare rapporti profondi e sinceri. Mi sento di assolverli: sono umani, la perfezione non esiste neanche in un noir. Ma sapranno rifarsi.