Ucciso e carbonizzato in auto, in aula gli spostamenti della vittima
Quella mattina il fratello gli chiese di vedersi per un caffè. Ma «devo andare in officina, da Mossali, quindi ci vediamo dopo, verso l’ora di pranzo» gli rispose via messaggio attorno alle 10Nexhat Rama, 40enne kosovaro di casa a Capriolo. Era il 29 agosto del 2022. E i due non si sentiranno più. Due spunte, mai visualizzate, di un ulteriore messaggio delle 13.15 da parte del fratello, una spunta sola (mai arrivato) al sollecito delle 13.35. Nexhat era già morto. Carbonizzato nel bagagliaio della Land Rover— che proprio il fratello gli aveva prestato da mesi— data alle fiamme nelle campagne di Cologne e ritrovata lo stesso 29 agosto poco dopo le 14. A processo, davanti alla Corte d’assise (presidente Luca
Tringali) c’è Cristian Mossali: meccanico di 53 anni residente a Palazzolo, risponde dell’omicidio aggravato dalla premeditazione e la distruzione del cadavere di Rama. L’avrebbe ucciso con almeno un colpo di pistola alla schiena nella sua officina nella frazione di San Pancrazio salvo poi bruciare il corpo caricato nel bagagliaio del suv e abbandonato nei campi, per un debito da meno di trentamila euro. Ma si è sempre detto innocente. Nel corso della prima udienza sono stati chiamati a deporre dalla pm Claudia Passalacqua vigili del fuoco e investigatori che hanno condotto sopralluoghi e indagini. «Abbiamo subito pensato si trattasse di un’esecuzione» ha detto Jacopo Marin, all’epoca al Nucleo operativo dei carabinieri di Chiari. Che ha ripercorso poi gli spostamenti della vittima prima che fosse trovata senza vita, certo che «l’ultimo a vedere Rama vivo» sia stato proprio l’imputato. Alle 8.57 di quella mattina «Rama e Mossali entrano nel bar della stazione di servizio Eni di Palazzolo. Parlano, si siedono al tavolino ed escono pochi minuti dopo, alle 9.10». Alle 10.50 la Land Rover, da Capriolo, torna verso San Pancrazio. E alle 12.20 «passa a un centinaio di metri dall’officina di Mossali»: a quell’ora, in teoria, il 40enne kosovaro è già stato ucciso. «In quel frame non si vede il conducente» ma c’è un’altra immagine, immortalata da telecamere private: «Si vede l’auto transitare dal lato conducente, verso Capriolo». Per chi indaga è l’imputato, alla guida. Piste alternative, confermano, «non hanno avuto alcun riscontro». E sul pavimento della sua officina, dai campionamenti del Ris con il Luminol è emersa la presenza di tracce ematiche riconducibili alla vittima (oltre a quelle miste). (m.rod.)