Corriere della Sera (Brescia)

Morì di overdose, altro appello all’amico della notte di sballo

Paloschi condannato per omicidio preterinte­nzionale per lamorte di Francesca

- Lilina Golia

Ribaltando la sentenza di assoluzion­e emessa in primo grado, la Corte d’Appello di Brescia, a marzo dello scorso anno, aveva condannato Michael Paloschi a 7 anni e 4 mesi di reclusione per l’omicidio preterinte­nzionale di Francesca Manfredi. Ma ora interviene la Cassazione che annulla, con rinvio, la sentenza di secondo grado, disponendo un nuovo processo. Il nuovo appello non potrà essere celebrato a Brescia e sarà trasferito a Milano. Nelle prossime settimane saranno rese pubbliche le motivazion­i della decisione dei giudici romani cui si erano rivolti i legali di Paloschi. La ventiquatt­renne era morta nell’appartamen­to in cui si era da poco trasferita a Fornaci, nella prima periferia di Brescia, per un’ overdose, dopo una serata di eccessi. Nel processo di secondo grado era stato contestato a Paloschi di aver iniettato a Francesca Manfredi una dose, rivelatasi letale, di eroina. Era la notte tra il 21 e il 22 agosto del 2021. Il trentacinq­uenne, Francesca Manfredi e un’altra ragazza avevano deciso di fare un festino, a base di drink e droga. Un mix di alcol, chetamina, cocaina, Xanax, fino a quell’iniezione dalla quale Francesca – che mai si era fatta di eroina— non si è più ripresa. I soccorrito­ri, chiamati la mattina successiva dai due amici, l’avevano trovata riversa, ormai senza vita, nella vasca da bagno. Lì era stata adagiata, qualche ora prima, quando Paloschi e l’amica (che, finita a processo, era stata assolta in entrambi i gradi),

Francesca Manfredi Morta per overdose, aveva 24 anni

si erano resi conto che Francesca Manfredi stava male. In un estremo, quanto vano, tentativo di farla rinvenire, l’avevano anche ricoperta di

ghiaccio. Nelle motivazion­i della sentenza di appello i giudici avevano ritenuto che il consenso della ventiquatt­renne a farsi iniettare eroina non poteva esimere dalle sue responsabi­lità Paloschi che, invece, aveva cercato di sviare la Polizia nella ricostruzi­one di quelle ore di sballo mortale, facendo credere che la ventiquatt­renne si fosse iniettata da sola quella dose fatale. Aveva chiesto anche alla ragazza che era con lui di non dire che era stata sua la mano che aveva impugnato la siringa. L’esame autoptico, però, aveva messo in evidenza che Francesca, destrorsa, non avrebbe potuto bucarsi da sola il braccio destro. In tribunale erano finiti anche altri giovani, accusati, a vario titolo, della cessione degli stupefacen­ti utilizzati per il festino, nell’ultima notte di Francesca Manfredi.

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