Un alieno da intenditori
Al lime da Viva, Ber ton lo italianizza, per S ad lerè piccante: il granchio blu da terrore dei maria portata top
Chi avrebbe detto che il granchio blu, quasi sconosciuto sino a non molto tempo fa, non solo diventasse protagonista di paginate giornalistiche, storie e post in Rete, servizi tv, ma addirittura entrasse tra le nuove parole dell’anno selezionate dall’Enciclopedia Treccani, con «armocromista» e «underdog»?
Originario dell’Atlantico, è stato introdotto nel Mediterraneo con le acque di zavorra delle navi. Fa danni rilevanti in Adriatico, dove ha trovato l’habitat ideale. Da alieno, divora specie autoctone quali vongole e cozze, tagliando con le chele le reti di protezione degli allevamenti. Governo e Regioni hanno stanziato 12,9 milioni di euro in ristori e sostegni alle aziende colpite e Fedagripesca stima che il danno abbia raggiunto i 100 milioni. Dall’emergenza è nata un’opportunità: trasformare l’intruso in piatto commestibile. Merito anche della startup Blueat, nata a fine 2021 da un gruppo di cinque giovani imprenditrici e biologhe che hanno fatto conoscere le specie aliene, promuovendone la pesca e l’uso in cucina.
Il titolare della pescheria Spadari, Filippo Fasolato, dice: «È un fenomeno scoppiato la scorsa estate. Il granchio blu, catturato per salvaguardare l’ambiente marino, ha prezzo conveniente. Rispetto a King Crub, aragoste e astici, che costano dai 90 ai 130 euro al kg, il blu resta sui 25 euro. Nel ristorante lo utilizziamo nel sugo per le linguine».
Ne fanno uso tre chef stellati, curiosi di trovare nuovi ingredienti e perché è una giusta causa. La prima è Viviana Varese, titolare di Viva, molto attenta al risvolto etico degli ingredienti. Lo inserisce in una raffinatissima zuppa al profumo di lime e salsa di cocco. La polpa è contenuta in una pallina fritta, in accompagnamento: piatto elegante, con citazioni asiatiche.
Andrea Berton lo italianizza sposandolo con lo spaghetto alla chitarra. Dice: «Ne estraggo la polpa per arricchire il sugo e recupero le chele per guarnire. Anche in quantità limitata si ottiene intensità di sapore».
Da Claudio Sadler la polpa finisce in una zuppetta, abbinata a un passato leggermente piccante di fagioli di Controne. Dice lo chef: «Una buona base, cui aggiungo ingredienti come pezzi scottati di cotiche di maiale, per dare cremosità e dolcezza, e i tubetti, un formato della nostra pasta fresca».
Granchio blu anche nei ristoranti A’Riccione. « Una scelta etica», commenta Marco Fossati, executive chef, «visto i danni che il granchio fa in Adriatico. Divora le moeche, introvabili sul mercato. Ha carne saporita, ma richiede una lavorazione impegnativa, in fase di pulizia e preparazione». Spiega Giuseppe Di Paolo, con il fratello Dante fondatore e titolare dell’insegna: «Dopo averlo pulito e recuperate le chele, lo passiamo in farina di riso e lo soffriggiamo in olio con cipollotto fresco. Rosolato, aggiungiamo lo zenzero, sfumiamo con il sake e cuociamo cinque minuti con il dashi, brodo giapponese. La salsa diventa una crema. Serviamo con croccanti fagiolini al vapore».
Chi vuole assaggiarlo senza investire troppo lotrov ada Eataly. In pescheria fresco, al ristorante del primo piano nel ripieno dei ravioli. Sempre contenuto nei ravioli, a firma Artusi, è in vendita nel banco dei freschi da cucinare a casa. Eataly ha previsto incontri didattici per insegnare a trattarlo.
Mentre il granchio blu si impone come nuova prelibatezza, un’altra specie infestante minaccia le nostre acque. È una piccola chiocciola di origini asiatiche, la sinotaia quadrata, presente nell’Arno e altri fiumi toscani. Ma è potenzialmente tossica, non avrà quindi (per fortuna) il meritato successo del granchio alieno.