«Scelti da 8mila sottoscrittori Preferiti dalla classemedio bassa»
Il presidente Milesi: «Grazie a tutti. Continueremo i nostri progetti»
«Prima di tutto voglio ringraziare tutti coloro che hanno deciso di contribuire con il loro 5x1000 a sostenere le nostre attuali e future attività». Esordisce così Pierangelo Milesi, presidente delle Acli bresciane, alla richiesta di commentare il primo posto raggiunto dal nodo bresciano della storica associazione di lavoratori cristiana. Precisa comunque che «si tratta di una riconferma».
Come mai, presidente Milesi?
«Perché dall’Acli nazionale ci hanno sempre detto che Brescia era generosa nell’elargizione del 5x1000 e che la quota devoluta a loro dalla nostra provincia superava ogni anno i 180 mila euro. Un accordo che avevamo con loro prevedeva che ci tornasse il 60%, quindi ogni anno potevamo contare su oltre 110 mila euro».
Un bel balzo in avanti quindi, come l’hanno presa al nazionale?
«Da alcuni anni l’ingresso di elargizioni sembrava in calo, quindi li abbiamo sollecitati a farci correre da soli. Crediamo che per il contribuente sia più convincente sottoscrivere se riconosce il marchio territoriale».
Una scelta di marketing azzeccata?
«Decisamente, anche perché alla nostra quota vanno sommati comunque oltre 20 mila euro che ci dicono essere giunti ugualmente al nazionale dalla nostra provincia. Il totale arriva quasi a 190 mila euro. Siamo in crescita rispetto ad altre realtà che soffrono un calo dovuto all’allargamento della platea a seguito alla riforma del terzo settore».
Quasi 8 mila sottoscrizioni.
Significa che la vostra base è decisamente popolare e composta da redditi medi e bassi?
« Esattamente. Spesso si tratta di pensionati o persone da redditi bassi che tra l’altro ci finanziano anche direttamente durante l’anno, spesso anche solo con pochi euro, che però sono preziosissimi per portare avanti i progetti».
Cosa farete con quanto raccolto?
«Continueremo a finanziare progetti. Tra questi “animazione di comunità”, che si dedica allo sviluppo dei nostri 74 circoli sul territorio, oppure riattivare degli “sportelli di lavoro”. E poi un progetto di “segretariato sociale”: attraverso una decina di circoli andare oltre il classico patronato e sviluppare processi di assistenza socio- sanitaria. Un problema emerso durante la pandemia, quando ci siamo accorti che non riuscivamo a soddisfare tutte le richieste». (m.col.)