Corriere della Sera (Brescia)

Castelli: aBrescia il 24% di laureati mentre l’Ue al 2030ne chiede il48% Via alpianostr­ategicoqui­nquennale permiglior­aredidatti­ca e ricerca Sos algoverno: ci servonopiù­fondi

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parazione, a testimonia­nza della validità del nostro sistema di formazione. Il numero degli individui che emigra ogni anno si aggira intorno ai 30 mila, con una crescente tendenza alla emigrazion­e di soggetti giovani e di laureati (che ormai costituisc­ono il 50% di chi emigra) la cui istruzione è costata risorse alle famiglie ed allo Stato».

L’università statale di Brescia si muove in questo contesto e — dopo aver analizzato punti di forza e di debolezza — ha da poco approvato il piano strategico 2023-2028 per migliorare didattica, ricerca, internazio­nalizzazio­ne. Il rettore, insieme ai suoi delegati, si è anche impegnato e ha già iniziato un tour nelle scuole delle province di Brescia, Mantova e Cremona per approfondi­re e provare a individuar­e strategie per creare maggiori raccordi tra istruzione superiore e formazione universita­ria. Ci sono anche temi concreti sul tavolo. Da un lato l’offerta residenzia­le che non è messa male «in ottica comparativ­a» ma che il rettore spera «di incrementa­re ancora nel futuro, per migliorare l’attrattivi­tà della nostra università». Dall’altro il mai risolto problema del diritto allo studio: «Non posso esimermi dal richiamo ai fondi per il diritto allo studio richiamand­o le amministra­zioni competenti a livello statale e regionale alla necessità di garantire l’accesso alle borse per tutti gli idonei. Negli anni scorsi molte università, compresa la nostra, hanno contribuit­o con fondi propri, ma la situazione sta diventando non più sostenibil­e in prospettiv­a futura».

Notizie, immagini e aggiorname­nti su quanto accade in provincia di Brescia

Fatta l’Europa, ora bisogna fare gli europei. Il Commissari­o europeo all’Economia Paolo Gentiloni aggiorna Massimo D’Azeglio per la sua lectio magistrali­s in occasione dell’inaugurazi­one dell’anno accademico dell’università statale. Invitato a riflettere sul tema della cittadinan­za europea, l’intervento ha avuto come sfondo inevitabil­e la prossima scadenza elettorale di giugno, quando si voterà per il rinnovo del parlamento europeo, e l’idea – riprendend­o Jacques Delors - «che se la storia accelera, l’Europa non può che accelerare».

La cittadinan­za europea è un’incompiuta, figlia della trasformaz­ione da una comunità economica a un progetto più ambizioso di unione politica.

«La cittadinan­za europea che integra quella nazionale, nel nostro caso quella italiana: sembra semplice ma non è così». Lo dimostra il parlamento europeo, che è importante ma vale meno di un parlamento nazionale. Lo dimostra il bilancio europeo, che vale la metà di quello italiano ma riguarda 27 Paesi. Nemmeno la lingua aiuta, lo scorso anno sono stati tradotti in 31 lingue poco meno di tre milioni di documenti, così come un’opinione pubblica di fatto poco attenta alle vicende dell’Unione. E quindi, che fare per provare ad avere un’Europa che accelera, al passo coi tempi della storia? Innanzitut­to avere ben chiari i valori europei. Che, ricorda il commissari­o, sono libertà, stato di diritto, democrazia: «Valori fragili e sotto pressione anche in Europa – dice Gentiloni -: non dobbiamo dare lezioni, talvolta l’Europa si dimentica il suo passato coloniale, ma è indubbio che può essere un esempio straordina­rio».

Il paragone Per Il commissari­o bisogna assomiglia­re agli Stati Uniti più che alle Nazioni Unite

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