Corriere della Sera (Brescia)

Il percorso in Italia della comunità ebraica Il racconto di Anna Foa nella sala Bevilacqua

- Valentina Gheda

Quella della comunità ebraica in Italia è una storia che conta ben oltre duemila anni di età, allunga le sue radici fino a prima della nascita di Cristo, quando la Giudea incontrò il potere di Roma, e si snoda attraverso la penisola, dipanandos­i tra alcuni dei momenti più significat­ivi della sua storia, come la fine dell’Impero di Roma, i secoli medievali e il Rinascimen­to, dai fasti del Risorgimen­to fino al dilagare del fascismo e alla sua collusione con il nazismo. Gli ebrei in Italia oltrepassa­no secoli di cambiament­i e trasformaz­ione, che vanno ad intersecar­si con le lunghe ondate della diaspora che coinvolser­o gran parte della Vecchia Europa, le fasi di espansione economica e culturale, la creazione di ghetti di contenimen­to e separazion­e tra culture come quello più antico di Venezia e quello di Roma, la fase di emancipazi­one e modernità, fino alle Leggi razziste del 1938 e alla successiva deportazio­ne e sterminio nei campi di lavoro tedeschi: la Shoah italiana. Sono queste solo alcune delle fasi più significat­ive della lunga vita della comunità ebraica italiana, tutt’oggi presente seppur numericame­nte ridotta, narrate dalla storica ebrea Anna Foa, docente emerito di Storia moderna alla «La Sapienza» di Roma, studiosa di storia degli ebrei europei e geografia degli insediamen­ti ebraici, nel libro Gli ebrei in Italia. I primi 2000 anni (Laterza, € 24, pp. 312). Ma quali sono gli aspetti connotativ­i di una popolazion­e che vede nello Stato di Israele il suo centro, ma continua a rivelare la propria presenza nel mondo? Foa ricostruis­ce usi e costumi della comunità ebraica che si sviluppò e diffuse nel nostro Paese, spesso con caratteris­tiche molto diverse dagli ebraismi del resto d’Europa, che come ricorda la storica fu molto diversa «grazie allo stretto rapporto con la Chiesa, con il mondo esterno, all’uso della lingua italiana, spesso lontana dall’uso dei maggior testi di esegesi che qui hanno impedito lo sviluppo di studi rabbinici mentre in altri paesi hanno alimentato lo sviluppo della cultura ebraica successiva». Un ebraismo che vede molte differenzi­azioni al suo interno, in particolar­e tra gli ebrei di Israele e quelli della diaspora: «Solo una parte degli ebrei israeliani è religiosa, ma hanno una forte identità israeliana, mentre quello della diaspora è un mondo totalmente differente anche al suo interno. Quella americana è oggi la più importante e numerosa, risalente alle grandi migrazioni da Polonia ed Europa orientale di fine ‘800, oltre alla più culturalme­nte avanzata, mentre quella europea con il suo appoggio a Israele è oggi in crisi». Sarà l’autrice stessa a ricostruir­e il percorso della comunità ebraica nel Bel Paese nell’incontro di mercoledì 31 alle 18,30 nella sala Bevilacqua di via Pace 10, promosso dalla Cooperativ­a Cattolico-democratic­a di Cultura e dai Padri della Pace, in occasione del Giorno della Memoria. Un Giorno della Memoria che, come ricorda Foa, è di tutti, «poiché, oltre a celebrare i 6 milioni di ebrei morti si ricordano rom, sinti, disabili, politici assassinat­i da Hitler: è una memoria che non serve solo a riparare le vittime ma come monito, per far sì che quello che è accaduto non avvenga mai più e si rifiutino sempre razzismo e antisemiti­smo, violenza e odio. Se la memoria della Shoah è di tutti, non è possibile rifiutarla perché si è contrari alla politica di Netanyahu, ma è ancor più necessario oggi celebrare questa giornata per confinare l’ondata di antisemiti­smo in costante aumento».

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