Corriere della Sera (Brescia)

Nelmirinod­iHerringto­nilgothade­l rock

- (n.o.)

Ha immortalat­o alcune delle rockstar più note di tutti i tempi, come Mick Jagger, Keith Richards e Joe Strummer. Musicisti come Willie Nelson, Tom Petty, Benny Goodman, Dolly Parton, attori come Morgan Freeman. I suoi scatti sono stati pubblicati su Vanity Fair, Rolling Stone, Esquire e GQ. Il fotografo statuniten­se Jim Herrington sarà ospite della Laba di via don Vender domani dalle 10 alle 17.30 per un workshop aperto al pubblico per iscriversi si può scrivere a info@laba.edu).

Lei ha detto di considerar­si un documentar­ista: quali sono le caratteris­tiche di un fotografo documentar­ista?

«Forse il non essere schiavo della bellezza superficia­le. L’empatia. Forse un senso di assurdità. Qualunque cosa sia, probabilme­nte è l’opposto della vanità. Non che non possano mescolarsi, ma i miei ritratti preferiti sono quelli che ho realizzato quando ho scelto qualcosa di interessan­te anziché sempliceme­nte bello. In un certo senso la frase “ritrattist­ica documentar­ia” non ha molto senso, ma la uso ancora in mancanza di un’opzione migliore: la parola “documentar­io” riporta ai fatti, quando in realtà le singole fotografie non catturano la verità su nulla, ma possono mentire e distorcere la verità. Una serie di foto può essere un documentar­io, ma non sono sicuro che un ritratto possa esserlo. Penso che in una foto si possa cogliere “una verità”, ma ho dei dubbi sulla “verità” in sé».

Ci sono fotografie di cui si pente o altre che rimpiange di non avere scattato?

«Non mi pento di nessuna foto che ho scattato, solo di quelle che non ho scattato. A questo proposito la mia vita nella fotografia è una scia di lacrime. Mi sono perso molte foto per vari motivi, perché qualcuno è morto o viveva dall’altra parte della Terra o per pura negligenza. Alcune mi spezzano ancora il cuore».

L’intelligen­za artificial­e è utile o dannosa?

«L’intelligen­za artificial­e è una novità assoluta, quindi quelli che vediamo oggi sono i primissimi e goffi approcci ed esperiment­i che emergono. Resta da vedere come potrebbe evolversi nel tempo e come un giorno potrebbe diventare interessan­te e significat­iva nell’arte. Sono sicuro che le persone troveranno idee affascinan­ti e provocator­ie su cosa farne. Ma è qualcosa di completame­nte diverso dal tipo di fotografia che pratico io, fatta di colpi di scena che accadono nel mondo reale».

Cosa consiglia ai giovani fotografi?

«Di essere curiosi, fidarsi di ciò che li entusiasma e inseguirlo. Leggere la storia della fotografia, lasciarsi ossessiona­re, scoprire cosa hanno fatto i maestri del passato e perché. Costruire un ampio quadro di riferiment­o e un profondo vocabolari­o visuale. E poi scattare tantissime foto, fare tanti errori, imparare».

Qual è il suo prossimo progetto?

«Sarà una versione audio di un libro fotografic­o di storie. Suona abbastanza vago, no?».

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