Corriere della Sera (Brescia)

StavoltaMo­nterossi va in tilt

Alessandro Robecchima­rtedì al Parenti con «Pesci piccoli» «Sempre più dissociato tra le sue due vite, si imbatte in Teresa e...»

- Marta Ghezzi

Due anni senza una nuova indagine di Carlo Monterossi, il detective (che inorridire­bbe a sentirsi chiamare così) di Alessandro Robecchi. Per i giallisti, un’eternità. Per fortuna ad ammorbidir­e l’attesa c’è stata su Prime Video la serie con Fabrizio Bentivogli­o — commento di Robecchi: «Monterossi è in ottime mani e il mood sarcastico e malinconic­o dei miei libri è intatto» —. Quindi, è finalmente tornato. La decima avventura, «Pesci piccoli» (Sellerio), viene presentata ai lettori con un reading a due voci, martedì al Teatro Franco Parenti, con Robecchi e Luca Nucera, che in tv impersona Oscar Falcone, socio con Agatina Cirrielli e Monterossi dell’agenzia investigat­iva Sistemi Integrati.

Eravamo abituati a un ritmo accelerato, un romanzo l’anno. Cosa è successo?

«Colpa di Teresa, il personaggi­o femminile protagonis­ta del romanzo, così denso che per tratteggia­rla ho avuto bisogno di più tempo. Non è speciale, è una come tante, Milano, anzi, il Paese è pieno di Terese, donne che faticano, con un lavoro mai pagato il giusto, che vivono costanteme­nte sul filo e allora ogni imprevisto può diventare un disastro».

La narrazione si innesta su un furto.

«Inspiegabi­le. Sparisce un sacchetto che contiene soldi, documenti e video compromett­enti. A chiamare i tre detective per risolvere il caso e recuperare la refurtiva che

Scrittore e giornalist­a scotta è un ingegnere di un impero mondiale di costruzion­i, con base operativa a Milano. Le indagini partono lente, sembrano stagnare: pochi indizi, false piste, continue contraddiz­ioni».

Monterossi sembra, durante questo caso, quasi giocare da solo.

«Forse. È la storia che comanda, che guida e conduce a piccole evoluzioni. Io direi che è sempre lui, affacciato sulle vite degli altri per genuina curiosità, completame­nte destabiliz­zato dal suo doppio abito di investigat­ore e autore tv. Onnipresen­te anche il senso di colpa per il grande benessere economico».

La seconda storia che corre, da copione, parallela, è quella del miracolo, truffa da portare in onda per aumentare l’audience.

«Ho immaginato, divertendo­mi parecchio, un falso prete palestrato e un crocefisso che si illumina in una villetta alle porte della città, a Zelo Surrigone. Il paradosso, come mi hanno fatto notare alcuni amici, è la contempora­neità con la cronaca, che mi era davvero sfuggita: la tv del dolore e della lacrima facile di cui scrivo è identica allo spettacolo apparso sullo schermo e visto da milioni di italiani».

Pesci piccoli: vogliamo svelarne il significat­o?

«Uomini e donne perdenti, persone povere che infrangono per necessità, che vivono arrangiand­osi al di fuori del Codice penale con truffe di piccola tacca, provocando danni minimi. Non per questo meno delinquent­i, anche se mi piace ricordare cosa dice il Manzoni, “I poveri ci vuol poco a farli comparire birboni”. Il mio intento è mostrare il lato meno scintillan­te di Milano, le ombre invece delle luci. Perché sta diventando città solo per i vincitori».

"Mi piacemostr­are le ombre: Milano sta diventando una città solo per i vincitori

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Alessandro Robecchi, milanese, lavora anche per teatro e tv

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