La protesta degli avvocati «Il carcere non è la soluzione»
Cavaliere: tre giorni di astensione per contestare una riforma illiberale e tutelare la dignità dei detenuti
Bresciano, componente della giunta nazionale dell’Unione delle Camere penali, l’avvocato Andrea Cavaliere spiega le ragioni dell’astensione proclamata per il 7, 8 e 9 febbraio. Due, riassunte nel titolo della manifestazione dell’inaugurazione dell’anno giudiziario dei penalisti italiani (a Roma, ieri e oggi): «Il processo come ostacolo, il carcere come destino».
« Le interlocuzioni della giunta con il ministro, dal novembre scorso, hanno certificato la scelta della politica di affidare al sistema penale e alla carcerazione la soluzione di ogni situazione di conflitto sociale. Il ministro, che si era presentato fin dal suo insediamento come liberale, crenonostante
ando un’aspettativa finalizzata ad accogliere le istanze dei penalisti volte a riportare il diritto e il procedimento penale più aderenti alla Costituzione e ai principi del giusto processo, ha invece deluso le aspettative degli avvocati».
In che modo?
«Con lo strumento prevalente della decretazione di urgenza, le scelte politiche fino ad ora hanno avuto come conseguenza quella di avere il carcere come unico destino dell’intero sistema penale, il drammatico fenomeno dei suicidi in cella— due a settimana da gennaio — nella totale assenza, da parte del governo, di iniziative volte alla salvaguardia della dignità dei detenuti. La risposta, al momento, è stata solo incrementare strumenti e risorse in chiave puramente securitaria o di conservazione del drammatico status quo».
Perché il processo invece è «un ostacolo»?
«La richiesta di ristabilire il pieno diritto di impugnazione contro le sentenze di condanna eliminando inutili e odiosi formalismi imposti a pena di inammissibilità è stata disattesa. Le limitazioni di carattere formale poste al diritto dei cittadini al fine di ottenere un secondo grado di giudizio rendono ancor più evidente e ingiusta la compressione del diritto di impugnazione: penalizzano gli imputati investiti da una difesa di ufficio, spesso delle fasce più deboli».
L’obiettivo non sarebbe quello di snellire i procedimenti?
«Nessuna finalità deflattiva o di ridurre tempi del processo, scopo dichiarato delle norme di cui chiediamo l’abrogazione, potrà mai giustificare le gravi limitazioni dei diritti del cittadini e in particolare quello di impugnare una sentenza ingiusta, garantito dalla Costituzione».
Quindi avete deciso di «protestare»...
«L’astensione dalle udienze è finalizzata, da un lato, a sostenere con tutti gli strumenti necessari la nostra richiesta di ristabilire un pieno diritto di impugnazione quale esplicazione del diritto di difesa, e a contestare una riforma della giustizia caratterizzata da una matrice sostanzialmente populista e profondamente illiberale; dall’altro la nostra azione punta a migliorare le condizioni del carcere nel nostro Paese e la dignità delle persone private della libertà con un intervento ampio e organico che recuperi la finalità rieducativa delle pene, anche in un’ottica di abbattimento della recidiva e di conseguente maggior sicurezza sociale».