«Erostufo, micomandava Adessomisentolibero Manonl’hopremeditato»
«Hopensatodiucciderlaperduesettimane», poiritratta
Un rancore latente, profondo, verso quella madre «oppressiva e invadente, con me e la mia famiglia». Amplificato dall’ultimo recente litigio: «Un paio di settimane fa ho avuto una discussione con lei. Ero intenzionato a vendere casa ma non era d’accordo. Lei è sempre stata una donna possessiva e non voleva che la lasciassimo da sola. Da quel giorno non abbiamo più parlato molto » . Quindi mercoledì mattina «ho deciso di ucciderla. È da una quindicina di giorni che pensavo di farlo. Sono andato da lei e l’ho strangolata: prima con le mie mani, poi stringendole al collo uno straccio». Stava facendo le pulizie come ogni mattina alle 5.30, Santina, era in bagno. «Ha provato a difendersi ed è scivolata. Ho continuato a stringere le mani al collo. Poi anche lo strofinaccio. Lei ha urlato il mio nome finché non è più riuscita a parlare». E ha smesso di respirare. «Ci ho impiegato quindici minuti». Poi «sono andato al lavoro»: dopo che la vicina lo aveva fermato in auto, preoccupata per i rumori da casa di Santina («ma Mauro mi ha rasserenato dicendomi che l’aveva appena vista fare le pulizie in cucina»).
Un quarto d’ora. Per spezzare una vita e frantumarne molte altre. Sono le parole di Mauro Pedrotti, rese ai carabinieri prima che il pm disponesse il fermo all’alba di giovedì. «Indossavo un pile che poi ho buttato dentro un bidone nella ditta in cui lavoro», a Manerba: l’hanno trovato i carabinieri, insieme a un paio di scarpe «le cui suole sono risultate compatibili con le impronte rilevate nel bagno di casa della vittima». Davanti al sostituto procuratore Ines Bellesi — e al fianco dell’avvocato Giovanni Brunelli— però, il 57enne poi ha corretto il tiro, negando la pianificazione del delitto.
«Dopo essere arrivato al lavoro» alla BTT Asfalti di Manerba,
«ho telefonato tre volte alla mamma per far sembrare che fosse ancora viva, come se fosse stato un furto». Il figlio aveva aperto alcuni cassetti e tirato fuori le magliette. La chiamata alla consorte perché vada a controllare (ma non ha le chiavi di casa della suocera), la finta preoccupazione, il ritorno a Puegnago. È lì che, insieme, entrano dalla portafinestra aperta e trovano Santina a terra. «Ho fatto notare a mia moglie che fossero entrati i ladri. Poi ho chiamato le pompe funebri» ma l’interlocutore, ovviamente, gli dice di avvisare subito i carabinieri. «Non ho detto nemmeno a mia moglie di chiamare i soccorsi perché sapevo che mia madre era già morta». Lo farà il suo titolare — arrivato a Puegnago poco dopo — che mercoledì mattina vede Mauro per la prima volta in azienda alle 6.40 circa («io sono arrivato, lui era già lì»): «La sua vettura stranamente non era parcheggiata all’interno del capannone come fa solitamente, ma all’esterno. Appena mi ha visto mi ha informato che si sarebbe allontanato perché doveva andare dalla madre che non gli rispondeva al telefono». Richiama il capo alle 7.06, «emozionato», piange: «La mamma è morta, me l’hanno soffocata, sono venuti dentro i ladri» gli dice in dialetto. Solo una messa in scena che dura poche ore. Il castello di menzogne crolla sotto il peso delle sue stesse incongruenze. «L’ho uccisa perché ero stufo del suo carattere, era invadente, mi comandava di fare ogni cosa. Il 28 gennaio abbiamo discusso: volevo vendere casa e lei non era d’accordo. Mi rimproverava ogni qualvolta che io e la mia famiglia andavamo in vacanza, anche solo per qualche giorno. Ho sofferto per questa ennesima discussione, tanto che di recente lei cenava da noi, con mia moglie, mentre io stavo in disparte». Ma «non ho premeditato di ucciderla» ha detto alla pm Ines Bellesi. La quale gli ha contestato le dichiarazioni rese in precedenza, agli investigatori. «Mi sono spiegato male, intendevo dire che da quindici giorni non dialogavo con la mamma». Nessuno dei vicini ha mai sentito discussioni accese o violente, i parenti confermano: mai saputo di tensioni tra di loro.
Agli atti, oltre alle testimonianze dei dirimpettai, quella di alcuni colleghi, secondo i quali Mauro aveva il vizio del gioco: «Sapevamo che giocava alle macchinette da circa due anni. Un anno e mezzo fa, più di una volta ci diceva che poteva fare anche a meno di lavorare perché aveva vinto a volte 500 e a volte 700, anche mille euro. E vedevamo i soldi nel suo portafoglio». Nel 2018 aveva erroneamente ottenuto
un anticipo sul Tfr, negato poi circa dieci giorni fa («doveva cambiare il forno») perché nel 2022 aveva fatto la cessione del quinto in busta paga. «Più volte mi ha chiesto aiuti economici» dice la titolare della ditta. «Non ho problemi economici, ma non navigo nell’oro» ha precisato lui, Pedrotti:
I colleghi dicono che Pedrotti avesse il vizio delle macchinette, lui: «Solo pochi euro»
«Sto cercando di estinguere un finanziamento. Non ho mai chiesto un aiuto economico a mia mamma. Ammetto di giocare saltuariamente alle macchinette, ma punto solo qualche euro». Ancora: «Ora mi sento libero, perché non ho più questa civetta sul collo, intendo mia madre, anche se sono dispiaciuto di averla uccisa».