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«Quando noimorti ci risvegliamo» di Ibsen in Santa Chiara dal 23 al 25 febbraio
I“morti” si interrogano sul proprio destino, si tormentano e si risvegliano, sul palco, al ritmo di una batteria, sospinti dalle immagini prodotte da schermi luminosi. A 125 anni dalla sua prima lettura, il testo Quando noi morti ci risvegliamo di Henrik Ibsen è riletto in chiave contemporanea da Rajeev Badhan. Quando noi morti ci risvegliamo sarà al teatro Mina Mezzadri di contrada Santa Chiara dal 23 al 25 febbraio (venerdì e sabato alle 20.30, domenica alle 15.30). Lo spettacolo è parte della cinquantesima stagione del Centro teatrale bresciano, intitolata Il mondo nuovo, per la rassegna “Nello spazio e nel tempo. Palestra di teatro contemporaneo”.
La compagnia SlowMachine di Badhan e Elena Strada dopo l’esperienza con Le notti bianche di Dostoevskij utilizza ancora una volta le nuove tecnologie per innovare i linguaggi artistici tramite una contaminazione capace di coinvolgere direttamente gli spettatori. «Abbiamo scelto questo testo, l’ultimo della produzione di Ibsen — spiega Badhan, che firma ideazione, adattamento, regia, luci e musiche dello spettacolo — proprio perché indaga il rapporto tra arte e vita creando anche uno spazio per inserire le nuove tecnologie e persino con l’intelligenza artificiale». Più che rileggere l’opera di Ibsen, continua tuttavia il regista, “abbiamo cercato di far affiorare la contemporaneità già presente nel testo, che offre una riflessione attuale sull’agire umano».
Il racconto ruota intorno alla figura di Arnoldo Rubek, noto scultore che da tempo affronta una profonda crisi professionale e personale, si trova in una località balneare della Norvegia con la giovane moglie Maja. Alla moglie Rubek confessa di vivere un momento di malessere, che diventa nostalgia e rimpianto quando nell’albergo in cui si trovano arriva Irene, la donna di cui era innamorato tempo prima e sua fonte di ispirazione. Irene gli rinfaccia di avere inaridito la sua anima e di averle rovinato la vita. Rubek, che nel frattempo si desta dalla sua condizione di “morte” apparente, tenta però di convincere la donna a riprendere i fili della loro storia d’amore, tornando così a vivere. Per loro, però, è ormai troppo tardi: il risveglio li conduce a un tragico epilogo.
I confronti tra i personaggi, racconta il regista, «sono caratterizzati ormai da una forte disillusione, proprio il momento in cui capiscono che devono agire è il momento in cui spariscono definitivamente». La riflessione sulla condizione umana abbraccia quindi anche la necessità di agire prima di arrivare a un punto di non ritorno. Il tutto, continua Badhan, è messo in scena mescolando vari linguaggi e indagando il loro rapporto con la modernità. I concetti di vita e morte si alternano continuamente nei dialoghi dei protagonisti, «morti inconsapevoli della loro condizione, che discutono il loro declino. Tutto è dichiarato, tutto è reale e allo stesso tempo tutto è finzione, tutto è vivo, ma allo stesso tempo tutto è già morto», spiega ancora il regista. Con lo stesso Badhan e con l’attrice Elena Strada sul palco anche Alberto Barachini e Rebecca Sisti. Alla batteria Yuri Piccolotto. I video sono curati da Rajeev Badhan e Federico Boni, Harbans Badhan è assistente alla regia. Lo spettacolo è prodotto da SlowMachine con il sostegno del Mibact.
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Badhan Il testo indaga il rapporto tra arte e vita e dà spazio alle nuove tecnologie
Tutti i personaggi dell’opera sono caratterizzati ormai da una forte disillusione La trama
Il racconto ruota tutto intorno alla figura di Arnoldo Rubek e di un suo precedente amore