CalabròscattaperSinner «Unviaggiolungo5anni»
Il fotografo salodiano lo segue nei tornei europei sin dal 2019
Felice, si ricorda il primo incontro con Jannik?
«L’ormai celebre torneo di Bergamo del 2019, in cui lui entrò da semi sconosciuto grazie a una wild card per poi dominarlo. In quei giorni, oltre ad essere fotografo, fui anche l’autista di Sinner e del suo ex allenatore, Volpini».
In che senso?
«Lavoravo anche per l’Atp in quella circostanza, quindi ero io a portarlo dall’albergo al campo. Il nostro rapporto è iniziato lì: ho l’impressione che, in quei giorni, tutti si accorsero che fosse nata una stella, ma non lui. All’inizio non aveva capito di essere davvero così forte».
Ci spieghi.
«Non l’ho visto mai negarsi a nessuno, in Olanda firmava autografi a ripetizione anche per venti minuti. Capita che qualche bambino lo avvicini e lui non si limita alla classica foto di rito: si informa, vuole sapere da dove viene, come gioca. Ne ho visti tanti di tennisti, ho investito buona parte della mia vita e del mio lavoro in questo sport: posso solo dire che lui va oltre alla rappresentanza, ci mette il cuore».
Ma lei gli ha mai chiesto una foto?
«No, si figuri - ride - non potrei (la fotografia che li ritrae assieme arriva infatti da uno speciale realizzato a
Montecarlo da Sky nel 2022, ndr) altrimenti perderei la fiducia che ho guadagnato da lui e dal suo staff. Noi fotografi siamo giudicati meno invadenti dei giornalisti dai tennisti, ma ognuno deve stare al suo posto. Cerco di essere discreto, anche quando per il “Dolomiten” (quotidiano dell’Alto Adige, ndr) salgo a Sesto: mi è capitato di recente dopo il successo in Australia, conosco bene anche i suoi genitori, modesti come lui».
Prima della partenza per l’Australia però ha portato a Sinner un dono speciale...
«Quando ho saputo che a Napoli avevano creato una statuina del presepe in suo onore, mi sono attivato per comprarla. Così gliel’ho consegnata a Montecarlo, a fine dicembre, prima che andasse a Melbourne. Jannik era contento, ha detto che si augurava gli portasse fortuna. E direi che è andata bene...».
Ha documentato tante vittorie di Sinner. Qual è stata quella della svolta?
«Sono convinto che la Sinner mania sia realmente esplosa nei giorni della vittoria in Davis a Malaga, dove ero presente. Mi trovavo anche a Torino per le Atp Finals: tuttavia quel successo di gruppo, in cui è stato decisivo, lo ha reso definitivamente nazional popolare. Il resto lo ha fatto la sua cultura del lavoro: ho visto tanti allenamenti, non si risparmia mai. Fa la differenza».
"Quando vinse la prima volta a Bergamo, gli feci persino da autista Ha un grande pregio, dedica tanto tempo ai suoi piccoli fan