Ubriaco al volante uccise un 19enne Sì alla «riparativa»
Per la prima volta ha deciso di esserci, in aula. A braccetto prima con la sorella, poi con la ex cognata, c’era anche la mamma di Christian «Kiko» Poletto, giovanissima promessa del kickboxing: a soli 19 anni, lo scorso 15 maggio stava rientrando alla Tanghetti Salotti di Cazzago San Martino (ci lavorava da poco più di un anno) dopo aver ritirato uno dei furgoni aziendali da un’officina di Ospitaletto quando lungo via Circonvallazione fu travolto da un camion che trasportava derrate alimentari per conto di una ditta milanese. Stando ai riscontri, l’autoarticolato avrebbe clamorosamente invaso la corsia opposta di marcia (salvo poi schiantarsi contro un muro e prendere fuoco, non prima di aver preso di striscio anche una berlina): un frontale che non lasciò scampo a Christian.
Al volante del mezzo pesante c’era Diego Dedè, bergamasco di 43 anni: oltre due ore dopo lo schianto, aveva un tasso alcolemico di 1.59 grammi per litro di sangue. Arrestato per omicidio stradale, è ancora ai domiciliari. Durante la seconda udienza preliminare, il gup Angela Corvi ha accolto la richiesta già avanzata dal difensore, l’avvocato Rocco Disogra del Foro di Bergamo, affinché l’imputato sia ammesso a un percorso di giustizia riparativa, con vittima «specifica» (quindi dello stesso reato che gli viene contestato). Ma il giudice ha disposto anche, contestualmente, che a differenza di quanto avviene di solito, il processo non sia sospeso: sarà celebrato con rito abbreviato, in giugno. Senza aspettare, dunque, l’esito dell’iter riparativo che, se positivo, generalmente può portare al riconoscimento della «riparazione» del danno, appunto, peraltro in questo caso è già stato risarcito in sede civile ai familiari di Christian. Il loro legale, l’avvocato Marco Gallina, la scorsa udienza aveva chiesto un rinvio e i termini a difesa per produrre una memoria con la quale spiegare che i suoi assistiti non accetteranno un percorso condiviso di giustizia riparativa.
L’udienza si aggiorna. A meno di un metro di distanza, la mamma di Christian e l’imputato: «Sei l’assassino di mio figlio».