La resistenza delle abitudini e la ragione per cui cambiare
Tre movimenti diversi che innescano tre problematiche diverse e che richiedono tre approcci diversi. Secondo l’ultimo Rapporto sulla mobilità redatto lo scorso novembre dall’Istituto Superiore di Formazione e Ricerca per i Trasporti, negli ultimi dieci anni si è però notata una costante, cioè «la marcata resistenza delle abitudini negli stili e nei comportamenti di mobilità degli italiani» che sembra aver portato alla sottovalutazione dell’evoluzione tecnologica delle forme di mobilità alternative all’auto privata. «L’immagine generale che emerge, insomma, è di una trama di continuità dei modelli e degli stili di mobilità degli italiani con molte variazioni che ne modulano gli intrecci senza però cambiarne il disegno di fondo», scrivono i ricercatori dell’Isfort. Un dato può aiutare il ragionamento: l’80% delle percorrenze si esaurisce nel bordo dei 10 chilometri. Stiamo parlando, in altre parole, di un «pendolarismo di prossimità», ed è forse questa la ragione dell’atteggiamento «conservatore» registrato dallo studio e oltremodo evidente sulle strade che attraversano Brescia nelle ore di punta: non c’è alcuna ragione pratica per abbandonare il buon, vecchio, comodo e flessibile trasporto privato per sperimentare servizi tecnologicamente più innovativi e soluzioni ambientalmente più sostenibili. Non c’è alcuna ragione pratica per lasciare in garage l’auto e accompagnare i figli a scuola in bicicletta. Non c’è alcuna ragione pratica per utilizzare un parcheggio scambiatore e venire in centro in metropolitana per lo shopping del sabato. Non c’è alcuna ragione pratica per utilizzare l’autobus per andare in ufficio. Non c’è alcuna ragione pratica per cambiare. Ce ne è tuttavia una etica, che interroga il modello di consumo che la nostra generazione di padri e di madri ha intenzione di lasciare in eredità alle coscienze (più o meno critiche) dei nostri figli. Perché più delle leggi, più dei cartelli stradali, più delle linee tratteggiate sull’asfalto, più dei varchi elettronici, è la voglia di insegnare qualcosa di bello, di giusto e di salutare a rendere il cambio di abitudine praticamente sostenibile.