Vita, pensieri, opere e bizzarrie di un grande gallerista Il «biopic» suMassimoMinini
«Minini è un grande uomo. Peccato solo che sia un gallerista». La frase, ironicamente provocatoria, è di Nino Migliori, fotografo e suo grande amico. Ma tutto dice, o sottende, di come invece nel corso della sua vita Minini abbia completamente stravolto lo stereotipo del gallerista. Reinventando di fatto una professione in modo originale e inaspettato.
Lo si scopre poco alla volta nel documentario Massimo Minini. The Story of a Gallerist diretto da Manuela Teatini, che racconta una lunga carriera attraverso interviste inedite e materiali d’archivio. Domani sera alle 20.45 su iniziativa dell’Auser e del Comune, il film, realizzato nel 2019, verrà proiettato alla presenza del protagonista nella sala de Lisi a Pisogne, dove Minini è nato e cresciuto per poi intraprendere la sua avventura straordinaria nel mondo dell’arte spostandosi a Brescia. Ed è qui che nel 1973 apre la leggendaria galleria d’arte, decretando Brescia per oltre 50 anni come suo quartier generale. Nel frattempo però il
gallerista viaggia, si sposta in tutto il mondo in cerca di opere, talenti e idee: collabora con grandi maestri, come Michelangelo Pistoletto, Daniel Buren, Giulio Paolini e Anish Kapoor quando ancora - lo dichiara lui stesso nel lungometraggio - non erano conosciuti.
Al “mestiere” di gallerista Minini affianca quello di critico, scrittore, appassionato di arte contemporanea e fotografia. Nel film, tra flash back, fiere d’arte, incontri illustri (con i suoi stessi artisti) ed eventi, viene colto quasi sempre al lavoro, in giro per il mondo, ma anche a casa sua, dirimpetto al parco archeologico dell’antica Brixia romana. Accanto a lui compaiono la moglie Daniella e le figlie Alessandra e Francesca, divenute galleriste come il padre.
Ma il fil rouge del racconto, un vero biopic, è la personalità geniale e quasi inafferrabile di un personaggio noto a livello internazionale. E qui sta la sua grande abilità: aver conquistato stima e popolarità in tutto il mondo, rimanendo fedele a se stesso e alla città in cui vive. «Quando uno ha la galleria a Brescia — racconta Minini nel film — vorrebbe averla a Milano. Quando ce l’hai a Milano vorresti averla a New York e lì, se sei un giovane gallerista, vorresti averla a Città del Messico o a Berlino, che sono più trendy. Ma quando sei a Città del Messico ti accorgi che è così inquinata che vorresti tornare a Brescia. Ecco, io ho aspettato il giro e sono rimasto a Brescia».