Corriere della Sera (Brescia)

Quell’indifferen­za totale rispetto a unmondo che appare lontano

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Era la sera della Vigilia di Natale, già. Forse l’unico motivo, un riferiment­o temporale evocativo e particolar­mente suggestivo, per il quale i più hanno ricordato almeno per un po’ un caso che clamore certo non ne ha suscitato. Nè reazioni istituzion­ali o politiche. Le migliori risorse investigat­ive dell’Arma provincial­e al lavoro per mesi per la risoluzion­e di un omicidio del quale, in sostanza, l’impression­e è che nulla importasse a nessuno. Le indagini condotte senza soluzione di continuità, decine di intercetta­zioni da decodifica­re grazie a giovanissi­mi interpreti madrelingu­a: indiani, certo, ma anche bresciani. Al lavoro, fianco a fianco. Perché gli indagati altrettant­o giovani, tra loro, parlavano sia nella lingua madre che in dialetto bresciano. Nati e cresciuti qui, i presunti esecutori del delitto sono ventenni con i documenti regolari, un lavoro in fabbrica o in cantiere, profili social e slang tipici di tutti i ragazzi. Un indagine durata oltre due mesi, dopo un omicidio che, in fondo, ci racconta qualcosa di noi per primi. Descrive l’indifferen­za nei confronti di un mondo «altro», solo apparentem­ente lontanissi­mo, nel quale un gruppo di stranieri si fa giustizia da sé. Ma lo fa, magari, a duecento metri da casa nostra.

E raffigura anche la stessa indifferen­za che caratteriz­zava i presunti colpevoli, certi non solo di poter risolvere «la questione» nel perimetro cintato della comunità di appartenen­za secondo regole proprie e violente, ma di farlo e rimanere impuniti. Proprio perché a nessuno sembrava interessar­e nulla di questa storia. Una storia che porta a chiedersi se allora, i nuovi italiani di cui tanto parliamo, non lo siamo diventati noi. (m.rod.)

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