La strana passione degli« urb ex er» Esploratori di luoghi abbandonati
Alla scoperta di case e fabbriche dimenticate. Sui loro canali hanno 600mila iscritti
C’è una vecchia busta azzurra, in una scatola coperta di polvere, sul grande tavolo da pranzo del soggiorno. L’inchiostro sbiadito, quasi non si legge: «Desidero che queste lettere siano gettate nel fuoco senza esser lette in caso di mia morte». «Matt» e «Beppe» hanno appena trovato la busta nell’antica villa abbandonata in cui sono entrati. La rimettono a posto nella scatola, senza aprirla. Nella penombra trovano sul tavolo altre foto in bianco e nero, tutt’intorno nella stanza sorgono antichi arredi, stucchi alle pareti, busti in marmo d’antenati. «Matt», Mattia Brambilla, e «Beppe», Giuseppe Biancullo, sono gli « urbexer » ( gli esploratori urbani di luoghi abbandonati), più seguiti in Italia e tra i più famosi al mondo. I loro canali social (Urbex Squad) contano quasi 600mila iscritti, con più di 450 video pubblicati di case, manicomi, hotel, fabbriche e altri luoghi dimenticati.
Un mondo che «Matt», 29 anni di Pioltello, ha scoperto per caso insieme ad un amico sei anni fa, poi si è aggiunto «Beppe», 33 anni di Lodi, talvolta si unisce qualche altra persona fidatissima, « per scoprire – raccontano - posti di cui non si cura più nessuno, per mille motivi: morte dei proprietari, tragedie, questioni legali. Ovunque ci sono luoghi fermi nel tempo: salotti intatti, camere con i letti rifatti e gli armadi coi vestiti appesi, librerie, soprammobili, piante seccate nei vasi, stanze d’albergo, uffici attrezzati».
Ma, a chi entra, può capitare di tutto: «Molti posti sono devastati da anni di abbandono, rischiano di crollarti addosso, respiri amianto, radon, servono prudenza e protezioni. E dentro puoi trovare chiunque: in un’azienda abbandonata, vicino a Milano, in una sera d’inverno, un’ombra ci è venuta incontro nel buio, dalla fine di un corridoio lunghissimo. Era un uomo inquietante, ci ha detto di essere un custode, ma non era credibile. Ci ha cacciato con forza, in modo sinistro. Fuori, abbiamo tirato un sospiro di sollievo. Altre volte abbiamo sentito passi di qualcuno in camere chiuse a chiave, voci di persone in altre stanze, ed è sempre meglio allontanarsi in fretta: siamo soli, in posti isolati».
Di solito però « Matt » e «Beppe» possono esplorare indisturbati: «C’è il tempo di scovare oggetti preziosissimi o di nessun valore: mi sono commosso leggendo lettere di Re d’Italia, di figli in guerra che scrivevano alla mamma, abbiamo visto quadri di pittori famosi, arredi ricchissimi, giochi di bimbi. A volte siamo tra i primi ad entrare, quasi tutto è intatto. Altre volte i luoghi sono distrutti da vandali, o depredati da gente senza scrupoli o da finti esploratori che tradiscono lo spirito dell’”urbexer”». Perché il codice dell’esploratore metropolitano è un altro: «Per noi è una regola: portare via solo ricordi e lasciare solo impronte. I nostri avvocati ci supportano, per evitare problemi legali – spiega Mattia— entriamo soltanto in luoghi in evidente stato di abbandono, senza forzare accessi e rischiare violazioni di domicilio, ci fermiamo al massimo per due ore, per non esser accusati di occupazione abusiva. E, ovviamente, non spostiamo o prendiamo mai nulla».
Tanti, invece si improvvisano, ognuno ha il suo obiettivo: «La prima esplorazione per molti lombardi è il manicomio abbandonato a Limbiate in Brianza. La meta coi controlli più severi, ma sognata da tanti “urbexer” è nella città abbandonata dopo il disastro di Chernobyl , ma servono permessi militari. «Ci siamo stati, è un luogo che racconta ancora la tragedia di migliaia di persone».
Ora a Mattia piacerebbe provare ad andare oltre: «Vorrei documentare anche professionalmente, da videomaker, quello che è rimasto, magari col Fondo per l’Ambiente Italiano o altre associazioni di tutela. Perché non è facile lasciare sempre tutto lì e accettare che ogni luogo abbia il suo destino».