Corriere della Sera (Brescia)

Sofia Ghilardi, francese per sport e per lavoro «Qui la pallamano non è dilettanti­smo»

DiCologne, 24anni, stella dell’ Italia, giocaaLeHa­vre

- Di Luca Bertelli

Afare le valigie si è abituata presto, a bruciare le tappe anche. Del resto Sofia Ghilardi, 24 anni, bresciana di Cologne, l’unico paese in Lombardia dove la pallamano (gioca anche suo fratello Cesare, ingegnere, classe 95) è da sempre più importante del calcio, ha debuttato in nazionale a 17 anni e ha passato il lockdown in Spagna, dove già era profession­ista nel Rodriguez Cleba Leòn. Per una che ha studiato ragioneria a indirizzo linguistic­o, la lingua non era un problema: «Parlo inglese, tedesco e spagnolo». Da due anni però gioca in Francia, a Le Havre, nella seconda divisione: «E all’inizio non è stato facile farmi capire, i miei genitori mi suggerivan­o di provare con il dialetto...». In uno sport che in Italia resta ai margini, dove già la qualificaz­ione agli Europei (tra una decina di giorni l’Italia, con Ghilardi, proverà a farcela) viene vista come un’impresa, ci sono tre giocatrici profession­iste. E una è proprio Sofia.

Ghilardi, come è arrivata in Francia?

«Dopo l’esperienza in Spagna, ero tornata in Italia per il post Covid vincendo campionato e coppa a Bressanone. Fui segnalata al Le Havre da una mia compagna, Irene Fanton. Quando mi hanno chiamato, non potevo dire no: l’offerta era irrinuncia­bile».

Riesce a vivere solo di pallamano adesso?

«Sì, anche se nessuno pensi

In Francia Gioca nell’HAC Le Havre da due anni, è nella seconda serie francese: in Italia ha vinto uno scudetto e una Coppa Italia con il Bressanone, è cresciuta nella Leonessa con cui debuttò ad appena 15 anni alla cifre dei calciatori. Però sono profession­ista a tutti gli effetti, vivo da sola in un appartamen­to pagato dal club: ci alleniamo tutte le sere e anche al mattino. In casa abbiamo 1200 tifosi in media».

Al San Filippo, nella Leonessa, dove esordì a 15 anni, quante erano?

«Diciamo 100 circa. E molti erano parenti o ragazze delle giovanili...».

Perché in Italia lo sport che lei ama è così arretrato rispetto al resto d’Europa?

«Si pratica poco a scuola, anche se potrebbe far coesistere ragazzi e ragazze: io fino a 12 anni giocavo con i maschi e (ride, ndr) non mi facevo mettere i piedi in testa. Fino a poco tempo fa sembravamo marziane negli incontri con i bambini».

A luglio a Parigi, due ore e mezzo da Le Havre, ci sono le Olimpiadi. Solo un sogno?

«Sì, un sogno impossibil­e per la mia generazion­e. Io non le giocherò: non è rassegnazi­one, è consapevol­ezza».

Parliamo invece dell’attualità. Come vive il presente?

«Da un lato c’è la soddisfazi­one per poter vivere grazie allo sport: faccio quello in cui credevo da quando ho 8 anni. Dall’altro, sono aumentate le pressioni: il gap era fisico e mentale, volevo dimostrare chi fossi. In Italia non ho mai saltato un secondo di gara, qui all’inizio dovevo fare tanto in poco tempo: ora ci sono riuscita, mi sento più matura e con una migliore visione di gioco, faccio meno gol ma più pesanti. Però è stata dura».

Per questo ha iniziato a studiare psicologia?

«Mi dovrò laureare a luglio, sto scrivendo una tesi proprio sulla pressione psicologic­a nello sport: un atleta che va dallo psicologo è sembrato un disadattat­o per tanto tempo, adesso le cose sono migliorate ma non se ne capisce ancora l’importanza. Quando lo sport diventa lavoro, ti accorgi che oltre alla bellezza c’è un lato più oscuro e complesso». Tornerà in Italia?

«Non nego che in estate ragionerò bene su quale direzione dare alla mia vita. Qui non riuscirei a pensare a un altro progetto extra sportivo, per i limiti con la lingua. Se dovessi decidere di tornare, pur da dilettante, lo farei per provare a costruire qualcosa di concreto per il mio futuro».

Cosa direbbe a una bimba per farle scegliere il suo sport?

«Scegli uno sport dinamico. Non c’è mai tregua, fino alla fine può cambiare tutto e lo sport di squadra crea legami umani: mi sento quotidiana­mente con le mie ex compagne spagnole. Sembra sport, ma è molto di più: ciò che amo, per cui serve lottare».

"Il presente Qui gioco per lavoro, ho vitto e alloggio pagati: in casa ci sono 1200 spettatori, a Brescia erano circa 100...

"Le pressioni Sono diverse, c’è un lato oscuro nello sport chemolti ignorano: studio psicologia, lamia tesi sarà su questo

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In azzurro Sofia Ghilardi è terzino della nazionale che, nella settimana dopo Pasqua, cercherà di qualificar­si all’Europeo
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