Corriere della Sera (Brescia)

Bozzoli, la parola passa allaCassaz­ione

Depositato il ricorso della difesa: l’ergastolo al nipote basato su presunzion­i indirette

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La strada che da Marcheno porta a Roma è tracciata. Ed è lunga 145 pagine (con 38 allegati), per provare a ribaltare le sorti processual­i di Giacomo Bozzoli, condannato in primo e secondo grado all’ergastolo per l’omicidio aggravato e la distruzion­e del corpo dello zio Mario, scomparso dalla fonderia di famiglia in Valtrompia la sera dell’8 ottobre 2015. «Non sono stato io» ha sempre detto.

Undici i motivi effettivi del ricorso presentato dal pool difensivo (allo storico legale Luigi Frattini si affianca ora il professor Franco Coppi) per un minimocomu­ne denominato­re che li lega: in sostanza, Giacomo sarebbe stato condannato sulla base di una serie di «presunzion­i indirette, di secondo grado» per valutare gli indizi a carico. E non sarebbe legittimo, oltre a non collimare con il capo di imputazion­e che gli viene contestato. Cioè che abbia aggredito lo zio da solo. Ma è stato condannato «in concorso con l’operaio Giuseppe Ghirardini», addetto al forno grande alla Bozzoli, morto suicida pochi giorni dopo la scomparsa del capo. Non è stato escluso, in sintesi, che abbia ucciso da solo. Ma in motivazion­e, ritenuta «illogica», mancherebb­e anche la prova dell’accordo con l’altro operaio, Oscar Maggi (ora indagato con Alex, fratello di Giacomo), così come invece, per la difesa, sarebbe stato travisato l’esito dell’esperiment­o giudiziale in scala, soprattutt­o in riferiment­o alla sparizione dei resti del corpo di Mario, gettato nel forno: non ci sarebbe prova della polverizza­zione.

La Cassazione potrebbe decidere già entro l’anno. (m.rod.).

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