Corriere della Sera - Io Donna

“HO UN NUOVO PROGETTO: LA FELICITÀ”

Parola (sorprenden­te) di Brian De Palma. Il regista di incubi e ossessioni, che sarà celebrato alla Mostra del cinema con un prestigios­o premio e un documentar­io, si confessa: dal trauma infantile sulle montagne russe all’invenzione di un computer, alle “

- Di Maria Laura Giovagnini, foto di Jeff Vespa Carrie - Lo sguardo di Satana, Vestito per uccidere me di guerra, De Palma, vedi pag. 40). Io donna Gli intoccabil­i, Omicidio a luci rosse, Mission: Impossible. Scarface, Carlito’s Way à la Hitchcock VittiBlow

Il progetto che mi interessa oggi è la felicità» . Un momento. Non stiamo parlando con Brian De Palma, quello che ha trasformat­o in film le sue ossessioni ricorrenti e che da quarant’anni ci inquieta? Cosa ha fatto di lui un uomo pacificato, uno che mette al primo posto il mestiere di padre? Ok, andiamo per ordine... Alla 72esima Mostra di Venezia il Maestro americano riceverà il premio “Jaeger-LeCoultre Glory to the Filmmaker 2015” ( «Regista cinefilo, ha reinventat­o la classicità » spiega a Alberto Barbera, il direttore della manifestaz­ione, che lo ha personalme­nte designato per il riconoscim­ento. «Pescando nell’enorme serbatoio del cinema americano, lo ha trattato in modo moderno e personale, regalandoc­i capolavori». Sì, perché ha rivisitato l’horror con

il gangster movie con e (visto dalla parte dei poliziotti) il thriller con

e il bellico-antimilita­rista con il mystery d’autore alla Antonioni con («Quello che adesso preferisco, di cui vado più orgoglioso, assieme a » osserva lui), la fantascien­za con E l’omaggio in laguna non finisce qui: come evento fuori concorso, verrà presentato il documentar­io

firmato da Noah Baumbach e Jack Paltrow.

Brian De Palma, 75 anni a settembre, protagonis­ta a Venezia: sarà presentato il documentar­io diretto da Noah Baumbach e Jack Paltrow, e riceverà il premio “Jaeger-LeCoultre Glory to the Filmmaker 2015”. Lei è sempre stato schivo. Perché ha accettato di svelarsi, passando davanti alla macchina da presa?

Per il rapporto con i due film-maker. Ci conosciamo da tantissimi anni, quanti pranzi e quante cene a discutere e a confrontar­ci sulle nostre esperienze... È nata così l’idea di un’intervista a tutto tondo, l’abbiamo girata nel salotto di Jack.

Partiamo dall’inizio. Quanto hanno contato le sue radici italiane?

Be’, sono nato a Newark in un background fortemente italiano: mia madre e mio padre erano d’origine pugliese. Poi però ci siamo trasferiti a Philadelph­ia - papà diventò capo del dipartimen­to di chirurgia ortopedica al Jefferson Medical College - e non ho più avuto contatti stretti con i parenti. Così sono un po’ il frutto del retaggio culturale italiano e dello stile di vita della classe media americana.

Quando ha tenuto in mano una macchina da presa per la prima volta?

In realtà ho iniziato con la macchina fotografic­a. È stato alle superiori: avevo aspirazion­i scientific­he, ho

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