Corriere della Sera - Io Donna
LA PATRIOTA LAURA
maria laura contini, che tutti chiamano Laura, è nascosta a Roma in convento. È ebrea, ha perso la cattedra per le leggi razziali. Il curato che l’ha salvata le fa arrivare un messaggio: si dovrà recare in bicicletta, di volta in volta dove le sarà indicato, a portare viveri, abiti, messaggi a soldati italiani che cercano di ricongiungersi alla Quinta Armata; ai soldati americani paracadutati oltre le linee; ai civili che cercano di unirsi alle prime sacche di resistenza sui monti dell’alto Lazio e della Toscana. Comincia così una delle tante storie di Resistenza che continuo a ricevere via mail dalle lettrici, in questo caso Silvia Maiocchi Pacifici Noja. Non sono storie che si possono sintetizzare in poche righe, ma il personaggio di Laura mi ha colpito molto, perché vi ritrovo tante altre donne sprezzanti del pericolo, capaci di un coraggio e di un’energia che non sempre ritrovo nell’Italia di oggi. «La fatica fisica non la spaventa. Quello che la assilla è soprattutto il timore, ogni volta che inforca la bicicletta, di salutare per l’ultima volta il suo bambino e sua madre, e di non riuscire a resistere alle torture. L’unica volta che le si forò la gomma della bici venne soccorsa proprio da un camion di soldati tedeschi, che la complimentarono per i capelli biondi e gli occhi azzurri: Laura si inventò di essere una cameriera veneta, a servizio presso nobili romani. Le issarono la bici sul mezzo, e per fortuna la lasciarono nei pressi di Pietralata, da dove Laura si rifece la strada a piedi con la bici a mano fino al convento». La storia finisce bene.