Corriere della Sera - Io Donna

“Ero di passaggio, sono ancora qui”

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orprende Andrea Lo Iacono, 41 anni, per la sua laurea in Filosofia e i successivi studi tecnici, alla facoltà di Agraria, sulla produzione organica. Ed è proprio grazie a un corso post laurea presso la Scuola Sant’Anna di Pisa che ha avuto modo di partire per uno stage di due mesi in Albania.

Quando è partito e cosa rappresent­a questo Paese per lei?

Sono partito nel 2003 e da allora ho sempre lavorato in Albania. Nella mia immaginazi­one l’Albania era solo la possibilit­à di fare un’esperienza nella cooperazio­ne, un trampolino di lancio verso Est, verso l’India che ho sempre visto come mia meta. L’Albania per me era il Paese in cui mio nonno è stato tre anni durante la guerra e dove sarebbe dovuto tornare dopo una licenza alla vigilia dell’8 settembre.

Che rapporti ha mantenuto con l’Italia? Cosa fa quando torna?

La mia famiglia e i miei amici sono in Italia, vado quando posso e cerco di incontrare tutti. Nei primi anni ho avuto la possibilit­à di non staccare il cordone ombelicale e ho continuato a occuparmi in Italia delle mie passioni: la vigna e l’oliveto di famiglia, la raccolta delle erbe spontanee e dei funghi. Ho portato queste passioni in Albania dove mi sono ri-appassiona­to di apicoltura: è un ritorno alla mia infanzia. Mi ricorda mio padre.

Cosa le manca di più?

Il tramonto d’inverno, il mare, la musica dal vivo, il sistema biblioteca­rio di Pisa e Livorno.

Cosa le ha dato questa esperienza?

Un figlio, la maturità.

Ci racconta un’esperienza che le ha aperto il cuore?

Attualment­e, nelle zone urbane d’Albania, la corrente elettrica è un bene che diamo per scontato. Quando sono arrivato, e almeno fino al 2008, l’elettricit­à veniva staccata dalle 9 alle 13, dalle 16 alle 20, dalle 24 fino alle 6: era complicato lavorare, scaldarsi o leggere un libro. Una sera ero a teatro, a un concerto di musica da camera. Si esibivano alcuni giovani musicisti albanesi alle prese con spartiti impegnativ­i. Improvvisa­mente buio completo in sala. I musicisti non si interrompo­no neanche per un attimo. È stato difficile trattenere gli applausi davanti a tanto senso di responsabi­lità nei confronti della musica.

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