Corriere della Sera - Io Donna
«Servono più momenti d’incontro tra donne»
engo da una famiglia di mugnai che si è tramandata il mestiere di generazione in generazione fin dal 1760, data di fondazione ufficiale » racconta Chiara Rossetto, responsabile marketing dell’azienda di famiglia Molino Rossetto « e mi è stata tramandata la passione per la macinazione. Conosco e amo i cereali del nostro Paese, ma sono sempre alla ricerca di nuove storie ed esperienze. La quinoa è una di queste: la sua storia, che si interseca con quella delle popolazioni precolombiane, è affascinante».
Qual è la motivazione che l’ha spinta ad affrontare questo viaggio in un Paese fino ad ora a lei sconosciuto?
Sia la voglia di studiare grani e cereali o, meglio, i chicchi, che per me sono la base della vita. Sia, e soprattutto, la voglia di incontrare donne. Amo circondarmi della spinta e della creatività femminile perché, al di là di quel che spesso si dice, unite possono essere una vera forza della natura. La mia azienda, la Molino Rossetto, è gestita quasi prevalentemente al femminile: giovani donne, piene di sogni, passioni, idee ed entusiasmo. Sono cresciuta in un mondo, quello dei mugnai, che non lasciava loro molto spazio. La mia volontà di ferro e le mie grandi aspirazioni mi hanno aiutato ad andare avanti, crescendo sempre di più e guadagnando fiducia anche agli occhi dei più scettici.
Che Ecuador ha visto?
Ho trovato piccole comunità di donne che vivono sole con i figli, mentre i mariti sono via per lunghi periodi di lavoro. Qui Oxfam ha creato scuole e associazioni. Ha premuto l’acceletatore sulla cultura, sull’educazione e sul “fare comunità”. Ha dato loro gli strumenti per un lavoro dignitoso, le conoscenze per diventare imprenditrici di se stesse e per sviluppare piccoli commerci. Offrire quindi occasioni di riscatto per le donne che, nonostante tutte le difficoltà che giorno per giorno sono costrette ad affrontare, non si abbattono e vanno avanti, con una grinta e determinazione davvero esemplari.
Ha visitato una vera e propria scuola di cucina. Che impressione ne ha tratto?
Mi ha ispirata molto. Era l’occasione per ciascuna delle partecipanti di ritagliarsi del tempo per sé, di dare spazio alla propria creatività, di relazionarsi e condividere. Sarebbe bello dare a queste donne la possibilità di avere un appuntamento fisso ogni settimana, di legare tra loro, fare gruppo, scambiarsi il knowhow e le diverse competenze. Donne abituate a lavorare da sole, a coltivare il loro campo, ad andare al mercato e a prendersi cura dei propri figli; donne che però hanno anche bisogno di stare in gruppo, di alimentare le loro passioni e divertirsi, come tutte noi. E gli appuntamenti con la scuola di cucina potrebbero essere un modo per tenerle unite. Non solo con corsi in cui sperimentare nuove ricette di quinoa e amaranto, ma anche attività in cui raccontare le tecniche di conservazione degli alimenti, importanti in un Paese con una biodiversità così rigogliosa.
Con quale insegnamento è tornata a casa, al suo lavoro?
Le donne seminano a mano, con pazienza. Non rincorrono il tempo, si rifanno ai ritmi che la terra impone, in completa sintonia con la natura. Un rispetto che emerge in ogni singolo gesto quotidiano. L’agricoltura biologica ne è la massima espressione. Un approccio di cui vanno orgogliose e che non dipende affatto da logiche di mercato, ma da un sentimento di puro amore, e rispetto, verso la terra madre che non va affaticata, ma nutrita, rafforzata e protetta, restituendole quello che da essa si è preso. È questione di spiritualità. Una spiritualità che viaggi come questo aiutano a ritrovare e rivivere. E che si deve riportare a casa, per riscoprire quei valori anche in Italia.