Corriere della Sera - Io Donna

“CERCO SOLO DI ESSERE NORMALE”

Quando ha vinto l’Oscar ha strappato applausi chiedendo la pari dignità economica per le attrici. Ma la battaglia di Patricia Arquette, la più antidiva delle star, non è ancora fnita. “Hollywood deve cambiare” dice. Intanto lei va in tv a fare giustizia

- Vaudeville. Thelma & Louise? di Valerio Cappelli , foto di Michael Friberg Boyhood. Boyhood,

on c’è nulla di convenzion­ale nella vita di Patricia Arquette, eterna outsider del cinema americano che ha vinto l’Oscar come migliore attrice non protagonis­ta per È fglia di attori che non hanno avuto la carriera che desiderava­no, dallo spirito libero e “alternativ­o”, il padre musulmano, la madre ebrea, e lei ha studiato in una scuola cattolica. I nonni recitavano nel Patricia e i suoi fratelli e sorelle sono tutti attori e attrici: come dimenticar­e Rosanna in Patricia, all’epoca, era “l’altra” sorella.

Ha fatto scalpore il suo discorso alla notte degli Oscar per la pari dignità economica per le donne. Meryl Streep e Jennifer Lopez l’hanno applaudita. Quando ha concepito l’intervento?

Avevo letto dati e analisi sconfortan­ti. Il mondo è cambiato, tante donne crescono i fgli da sole: al 50 per cento lo fanno in completa solitudine, e la percentual­e sale al 70 per cento per le afro-americane. Le diffcoltà economiche che devono fronteggia­re hanno un impatto forte sull’educazione dei fgli. È una vera e propria malattia sistemica, si dovrebbe parlare di sottomissi­one e di emarginazi­one sociale.

Ha avuto conseguenz­e il suo discorso?

In California è stata approvata una legge che permetterà ai dipendenti di un’azienda di discutere del proprio salario. Si viene licenziate in un battito di ciglia. Alcune categorie vengono sottopagat­e, penso alle infermiere. Sessantase­tte milioni di famiglie in America vivono sotto la soglia della povertà. Se metà di quelle donne venisse pagata il giusto, avremmo meno problemi. Diciamo che dopo il mio intervento si parla di più sui luoghi di lavoro di queste cose, ma è anche vero che se ne parla in modo infruttuos­o da decenni.

Lei viene da una famiglia fuori dalle regole.

Una famiglia coraggiosa e audace. I miei genitori non ebbero, da attori, la carriera dei loro sogni, ma mi hanno insegnato ad amare l’arte. Non avrei mai immaginato di sflare sui tappeti rossi e di poter vincere l’Oscar. Sono riconoscen­te. Vincere un premio non era nei miei piani.

Com’era la sua vita profession­ale, prima della statuetta?

Se c’era un ruolo da cui potevo imparare qualcosa, lo accettavo. Lavoravo nelle serie televisive quando erano considerat­i ruoli di serie B, e il cinema d’autore era in declino. Poi mi è capitato un capolavoro del cinema indipenden­te.

Che l’ha impegnata molto a lungo…

Il regista, Richard Linklater, mi ha chiesto: «Cosa farai nei prossimi dodici anni?». Avevo mio fglio, non avevo ancora avuto mia figlia. Era un

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