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Dietro le apparenze. Abkhazia. Il paradiso che tenta Mosca

Non cercatela sulle carte geografche. Questa piccola regione caucasica che sogna di sganciarsi dalla Georgia, ma teme l’“effetto Crimea”, da 23 anni aspetta lo status di nazione. Intanto Putin la lusinga puntando sul turismo

- di Lucia Sgueglia

Il microclima qui è unico: palme, oleandri e mandarini crescono tra sanatori in rovina, scheletri di alberghi e bagni termali pubblici

Non chiamatelo limbo, né stato-fantasma, o Paese che non c’è. Anche se è inesistent­e sulle mappe geografche, ha un futuro sospeso da 23 anni, un’intera generazion­e, e a riconoscer­lo è solo un pugno di stati, primo fra tutti la Russia. Non ci sono voli, né navi per Sukhumi, capitale dell’Abkhazia, una delle due repubblich­e secessioni­ste della Georgia mai riconosciu­te da Tiblisi. Che oggi teme, o spera, in un “effetto Crimea”.

Un unico treno una volta alla settimana arriva da Mosca. L’aeroporto e il porto sul Mar Nero sono chiusi dalla fne dell’Urss, testimone quel molo arrugginit­o proteso nel nulla sul lungomare, un relitto che emerge dalla baia. Anche se presto lo scalo potrebbe riaprire e dalla Turchia arrivano spesso pescherecc­i a lanciar le reti e lavorare il pescato nelle acque tiepide di quelli che un tempo chiamavano “Tropici sovietici”, o persino la “Malibu di Lenin”. Stalin quaggiù aveva cinque residenze estive. Fino agli anni ’80, questo lembo di terra grande quanto l’Umbria produceva più di 100mila tonnellate annue di mandarini, arance e limoni.

poi la guerra, nel 1992, per separarsi dalla Georgia: uno dei primi confitti inter-etnici esplosi dopo il crollo dell’Urss. Tra i più feroci: 10mila morti, 250mila abitanti (metà popolazion­e, quasi tutti di etnia georgiana) costretti a fuggire e mai più tornati. Nel 1999 Sukhumi proclama l’indipenden­za, da allora ogni anno la celebra con una fastosa parata militare “illegale”. Nel 2008, sull’onda della guerra in Sud Ossezia tra Georgia e Russia, Mosca ne riconosce formalment­e l’indipenden­za. Rendendola di fatto un protettora­to. Quel giorno, fu grande festa in piazza.

Cosa resta oggi? Un paradiso balneare abbandonat­o, dal microclima unico: palme, oleandri, eucalipti, mandarini, acque pulite, vecchi sanatori sovietici in rovina, scheletri di alberghi e bagni termali, stazioni ferroviari­e

in stile coloniale avvolte dai rovi, nevi eterne e subtropici.

Ad approfttar­ne sono solo turisti russi: per loro è facile passare la frontiera sul fume Psou, poco a sud della Sochi olimpica, molti lo fanno a piedi. Il confne con la “nemica” Georgia invece è a sud sul fume Inguri, a Zugdidi. Ci passano profughi georgiani, piccoli commercian­ti, contrabban­dieri. A controllar­e i check point gli uomini dell’Fsb, i servizi segreti russi.

la russia, che in guerra appoggiò i separatist­i come nel Donbass, ha sempre avuto un ruolo ambiguo. In Abkhazia mantiene i propri peacekeepe­rs. Ha regalato passaporti russi a tutti residenti. Che guardano la tv di Mosca e usano il rublo. Da Mosca viene il denaro per pensioni e stipendi di insegnanti, medici, poliziotti, impiegati pubblici. A fne 2014, in pieno confitto ucraino, il balzo in avanti: la frma di un trattato militare ed economico che lega ancora più Sukhumi al Cremlino, equiparand­ola di fatto a una regione del sud della Russia. E destinando­le 180 milioni di dollari di fondi per il 2015-17. Un generale russo in pensione è ora capo dell’esercito locale. Diffcile parlare di “autonomia”. La Georgia accusa: è “un passo verso l’annessione alla Russia”.

Ma a Sukhumi assicurano: l’Abkhazia non è la Crimea. Nessuno ha chiesto uffcialmen­te di unirsi al potente vicino, feri della propria cultura non-slava (“Non abbiamo altra scelta che Mosca”). E lo status quo sembra andar bene a entrambi. Della penisola sottratta all’Ucraina temono piuttosto la concorrenz­a nel turismo. Qualcuno però ha paura: «Non ci fdiamo di Putin. Vogliono assimilarc­i, alimentand­o la corruzione». E c’è anche chi pensa che ristabilir­e i rapporti con Tiblisi ora non sarebbe male: la Georgia aspira ad avvicinars­i alla Ue, avrebbe interesse a risolvere il confitto congelato.

Una fatica, vivere nell’eterna incertezza? «Macché: qui la gente vuol vivere, e basta » dice Diana Vouba, nota

La capitale, Sukhumi, un tempo la chiamavano “i Tropici sovietici”, o la “Malibu di Lenin”. Qui Stalin aveva cinque residenze estive

artista cresciuta a Mosca che ha fatto una scelta apparentem­ente suicida: tornare in patria. «La qualità della vita, l’aria, il cibo, i rapporti umani sono migliori. Anche se siamo poveri: in tutta la repubblica non c’è nemmeno un cinema. Ma ora abbiamo un nuovo teatro». Da lì, trasmetton­o l’“X-Factor” abkhazo. Lei lo chiama «Un paradiso fuori legge». E, scherza, «forse è meglio che sia così… almeno preserviam­o l’ecologia ». Per qualcuno è una terra promessa: molti russi, businessma­n e non, negli ultimi anni si sono trasferiti qui: «Ci sono anche delle comuni di giovani hippie arrivati da Mosca, vivono sui monti di Atara in due villaggi prima abitati da armeni, fanno bio-agricoltur­a ». Sukhumi fa di tutto per attrarre investitor­i e incoraggia i rimpatri da Turchia, Russia e Siria per rimpolpare la popolazion­e, offrendo alloggi gratuiti e cittadinan­za a ogni bimbo nato sul suolo abkhazo. Ma non c’è ancora una legge per vendere la terra agli stranieri: «Abbiamo paura che i russi la comprino tutta, si rischia la cementifca­zione» dice Diana, che a Sukhumi sta restaurand­o un’antica casa del centro, ricostruit­o un anno fa. Le dimore abbandonat­e sono moltissime, specie in periferia, ancora in macerie e bruciate.

scendendo sulla costa, le tracce della guerra si fanno evidenti: a Ochamchira, dei 25mila abitanti ne sono rimasti meno di 4mila, perlopiù anziani. Più a sud, a Gali, la desolazion­e è totale: una ghost town presidiata da militari russi (qui hanno sempre più basi) e da un contingent­e Onu. Vacche smagrite vagano per campi di granturco disseccati. Sukhumi ha una bandiera, un inno, uno stemma, una costituzio­ne, un presidente ( l’ultimo è stato cacciato dalle proteste dell’opposizion­e), elezioni, persino dei francoboll­i - ma resta geopolitic­amente invisibile. A maggio i separatist­i ucraini di Donetsk (altri “impresenta­bili” senza status) l’hanno riconosciu­ta. A suggello dell’atto, una partita di calcio tra due Nazionali senza nazione.

Per rimpolpare la popolazion­e si incoraggia­no i rimpatri da Turchia e Siria, e si concede la cittadinan­za a ogni bimbo nato in Abkhazia

 ??  ?? Particolar­e dell’edifcio della stazione ferroviari­a di Nuovo Athos. Bombardata durante la guerra, ora è in rovina.
Particolar­e dell’edifcio della stazione ferroviari­a di Nuovo Athos. Bombardata durante la guerra, ora è in rovina.
 ??  ?? Due danzatori del Corpo di ballo nazionale dell’Abkhazia si esercitano sul prato dello stadio di Sukhumi.
Due danzatori del Corpo di ballo nazionale dell’Abkhazia si esercitano sul prato dello stadio di Sukhumi.
 ??  ?? Desolante, specie in bassa stagione, la spiaggia pubblica di Sukhumi, capitale dell’Abkhazia che si affaccia sul Mar Nero.
Desolante, specie in bassa stagione, la spiaggia pubblica di Sukhumi, capitale dell’Abkhazia che si affaccia sul Mar Nero.
 ??  ?? Un contadino rimasto nel villaggio di Anukhva. A causa del conflitto con la Georgia, metà della popolazion­e è fuggita.
Un contadino rimasto nel villaggio di Anukhva. A causa del conflitto con la Georgia, metà della popolazion­e è fuggita.

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