Corriere della Sera - Io Donna
Storie di moda/ 2
L’anima da globetrotter della maison Vuitton si esprime nell’alta gioielleria. Con un itinerario all’indietro nel tempo
Le donne sono fatte per essere amate, non per essere comprese» recitava Oscar Wilde, senza immaginare che, per molte donne, la stessa regola potesse essere valida anche per un gioiello. Compagno di una vita, forse non di genere maschile, ma sicuramente prezioso. Ci sono, però, casi in cui qualche spiegazione è necessaria, soprattutto se a brillare è una collezione che risponde al nome di “Acte V - The Escape”, composta dagli ultimi prodigi di haute joaillerie fi rmati Louis Vuitton. Perché se l’alta gioielleria ha un potere è quello di rendere ancor più inimitabile la rarità. Gemme a dir poco speciali, celebrate con pezzi destinati a rimanere unici come opere d’arte. Tutti nati viaggiando attraverso le epoche in cerca di un’ispirazione che porta ora Vuitton ad “affondare” griffe e castoni fra le linee Art Déco, amate quanto il concept del viaggio che, di baule in baule, ammanta ormai di un’aura globe-trotter quasi ogni manufatto della maison. Scolpiti nei profi li, i nuovi monili traggono oggi la propria forza da un periodo storico che vede nello Stre
amline Moderne il generatore di una nuova purezza. Parliamo di quella del modernismo anni Trenta, dove gli ornamenti Déco lasciano il passo alle forme fluide e affi late evocate da aeronautica, navi e automobili, come simboleggia il nome Paquebot (piroscafo) dato in Francia allo stesso stile. Torna allora il movimento, insito nell’idea di voyage, la cui iniziale coincide con il mondo Vuitton. E con le linee a V che percorrono ogni angolo della collezione, fra le triangolature e forme a ventaglio dell’epoca, rese ancora più affusolate da nappe, pendenti e fi li di perle dégradé. Materiali unici, naturalmente. Del resto, se a rappresentare l’Art Déco è stata l’Esposizione di Parigi del 1925, lo Streamline Moder
ne ha trovato il suo momento nel Century of Progress, fiera mondiale di Chicago del 1933: dove a conquistare sono state novità come bachelite, plexiglass e smalti lucidissimi. A stupire in questo caso sono una tormalina Paraiba di ben 32 carati a contrasto fra opali neri, ma anche
sfumate perle Akoya, enormi zaffi ri, rubini, tormaline e un triangolo di opale da 30 carati, su smalto lavorazione grand feu, più spesso utilizzato nell’orologeria con la difficile realizzazione delle sue striature. Non è quindi un caso se, per la sua presentazione, “Acte V” abbia avuto come palcoscenico la caprese Villa Malaparte. Costruita nel cuore degli anni Trenta, set per Il disprezzo di Jean-Luc Godard nel 1963 e aperta al pubblico in rarissime occasioni private. Ma quali donne, all’epoca, ne avrebbero indossato la perfezione? Forse l’americana Sara Murphy che, con il marito Gerald, convinse l’Hôtel du Cap d’Antibes a tenere aperto fuori stagione per ospitarli con Pablo Picasso e la moglie Olga (diventando ispirazione per i coniugi Diver in Tenera è la notte di Francis Scott Fitzgerald). Ma anche la vicomtesse du bizarre MarieLaure de Noailles, mecenate icona del movimento surrealista, o Wallis Simpson, duchessa di Windsor e collezionista di gioielli ben più che formidabili. Figure viaggiatrici, in fuga dalla normalità alla ricerca di una sempre nuova bellezza.