Corriere della Sera - Io Donna

SIAMO TUTTE FIGLIE DI “RIMMEL”

Festeggia i quarant’anni di “Rimmel” in grande stile, duetta con Il Volo, pensa a un programma tv... “Brutto carattere” addio: ora Francesco De Gregori si diverte. A partire dalle foto esclusive di queste pagine, complici alcuni amici e colleghi. Che dic

- di Maria Laura Giovagnini, foto di Daniele Barraco

Mi scuso, ho quattro minuti di ritardo. Noi romani siamo un po’ cialtroni, si sa ». Francesco De Gregori è in modalità scherzosa (“cazzara”, direbbero appunto a Roma). Allergico alle celebrazio­ni («Non ho mai visto la puntata di La Storia siamo noi che mi riguarda »), stavolta ha fatto le cose in grande per i 40 anni dell’album Rimmel: tre ore di spettacolo all’Arena di Verona (dove la sera prima aveva duettato assieme a Il Volo) con ospiti come Ligabue, Fedez, Checco Zalone («L’ho tampinato io, sono un suo fan»), Malika Ayane, Caparezza, Giuliano Sangiorgi, Elisa, Fausto Leali, L’Orage e Ambrogio Sparagna. «Mi piacerebbe replicare una cosa del genere in tv. Ovvio: con la formula giusta ». E l’audience sarebbe garantita: Rimmel è un album-totem per tanti. Tantissimi. «Non tutte le canzoni sono le mie più belle, eppure il pubblico ha dimostrato negli anni di considerar­lo il disco più importante che abbia inciso... Sicurament­e è così, per qualche alchimia misteriosa che però mi sfugge».

Azzardi una spiegazion­e.

Rappresent­ò una novità: nel 1975 a nessuno sarebbe venuto in mente di scrivere qualcosa del genere. Quindi c’è l’elemento “dirompenza” di Rimmel, Buonanotte forellino, Il signor Hood, Pezzi di vetro, Pablo, Le storie di ieri... La stranezza dei testi (che mi valse pure parecchie critiche, al tempo) probabilme­nte conquistò. Cosa era successo nella musica italiana? In due, tre anni da una situazione ormai acquisita - con grandi interpreti e grandi canzoni - si passò d’improvviso a brani che venivano buttati giù in camera da ragazzini che sapevano appena mettere le mani su una chitarra... Per acquisito intendo il mondo di Morandi, di Rita Pavone, dei Vianella (che facevano un pop - sembrerà strano che io lo dica - musicalmen­te raffnato, dietro parecchi arrangiame­nti di quel periodo c’era la mano di Ennio Morricone e di altri maestri dello stesso calibro). Fu una scossa tellurica: il pubblico aveva bisogno di novità, e i cantautori rappresent­arono questo. All’interno del gruppo io ero ancora un flino più stravagant­e, per diecimila motivi. Per come cantavo (o non cantavo, secondo alcuni), per i testi.

Ecco, i testi. C’è una vena ermetico-dadaista. Da dove l’ha tirata fuori?

Da quello che avevo letto in quel periodo, tra la fne del liceo e l’inizio dell’università. Avevo 24 anni quando ho inciso Rimmel, ero freschissi­mo di studi che mi erano piaciuti: letteratur­a inglese, americana, storia, flosofa...

Eh, oggi i ragazzi leggono sempre meno cose di qualità.

Non è vero. Vedo gli amici più giovani, i miei fgli (i gemelli Marco e Federico, ndr), i loro amici... Non praticano le bibliotech­e perché ci sono altri mezzi, c’è la rete.

Io invece non vedo molti che leggano Guerra e pace e, se non lo leggi a 16 anni, fnisce che non lo leggi più.

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