Corriere della Sera - Io Donna
TRA POLITICA E MARTIRIO
Alcuni giorni fa, parlando con il senatore del Pd Miguel Gotor - studioso di santi, eretici e inquisitori, flologo di Aldo Moro, docente di Storia moderna all’Università di Torino, chiamato a fare politica da Pier Luigi Bersani - è venuta fuori una sua rifessione che galleggiava in uno stato d’animo pieno di stupore e di amarezza. Sentite un po’. E insomma, sì, le dico: mi sono convinto che ormai, per essere considerato credibile e per bene dalla gente, dai cittadini, un politico debba poter dimostrare di non avere mai avuto a che fare proprio con la politica. L’unica alternativa accettata è il martirio.
Prosegua.
L’aver avuto totale estraneità ai Palazzi è la sola forma di garanzia che oggi puoi esibire. È terribilmente ingiusto perché ci sono tanti politici che fanno politica da anni con coerenza e pensando al bene del Paese, ma è così. Appena la platea intuisce che non sei del tutto estraneo, si indispettisce, fschia. Ho sperimentato personalmente in alcuni convegni che strappano applausi solo Aldo Moro ed Enrico Berlinguer, il primo vittima del terrorismo, il secondo morto durante un comizio. Altri politici, che pure meriterebbero applausi e ammirazione, e penso a Pietro Nenni, a Giovanni Spadolini, niente, zero: anche loro vengono guardati con sospetto.
C’è del vero in ciò che dice, senatore.
E ci pensi: forse questo non vale solo per la politica. Si sarà accorto, per esempio, che c’è un solo carabiniere buono e giusto: Carlo Alberto Dalla Chiesa. Tutti gli altri sembrano tramare nella penombra.