Corriere della Sera - Io Donna
GIOTTO, L’ITALIA
giotto e noi. Da un lato, il Dante dell’arte italiana: le annunciazioni d’oro; le composizioni austere e insieme liriche; le luminose macchine visuali; i personaggi “umanissimi”, privi dell’aura della pittura sacra bizantina; la maestria con cui riesce a tradurre in una lingua “nova” e popolare tematiche religiose. Dall’altro lato, i suoi estimatori: da Giorgio de Chirico, che ne elogia la sapienza architettonica, a Yves Klein, che ne ammira il talento coloristico. Infne, una fra le voci più autonome dell’architettura e del design italiano, Mario Bellini, autore dell’allestimento dell’omaggio a Giotto al Palazzo Reale di Milano (sopra, Lungi dall’agire come uno scenografo, Bellini ha suggerito una raffnata rilettura delle opere del maestro forentino, invitando lo spettatore a compiere un percorso suggestivo. Attento a salvaguardare l’andamento cronologico dell’avventura esistenziale e poetica giottesca, ha quasi del tutto oscurato gli ambienti, avvolgendoli dentro una penombra segnata da luci materiche, quasi sussurrate. Dentro questo contesto, ha innalzato diversi altari (con forme diverse), fatti con lastre in ferro vivo ossidato. Lì ha incastonato polittici policromi, che sono “protetti” da soglie capaci di allontanarci e, insieme, di condurci verso l’iconografa religiosa rappresentata. Si tratta di tabernacoli profani, distanti dagli edifci di culto nei quali originariamente erano stati collocati i capolavori giotteschi. Assistiamo ad autentiche rivelazioni: le pennellate, i tocchi, gli ori e le vesti delle fgure si stagliano su fondi grigi. Intorno, il silenzio.