Corriere della Sera - Io Donna

Freeheld

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chiamavano “febbre messicana” o “cancro gay”. Morì in sole due settimane. Sono diventata un’attivista senza accorgerme­ne, perché alcune persone che conoscevo e a cui volevo bene stavano morendo.

A proposito di sentirsi diversa, da adolescent­e lei ha trascorso alcuni anni in Germania con la sua famiglia.

americano di Francofort­e quando in città gli americani erano il 7 per cento della popolazion­e. Quindi non ero esattament­e abbandonat­a a me stessa. Trovo interessan­te, però, la dicotomia per cui cerchiamo sempre di identifcar­e noi stessi come parte di una comunità, ma vogliamo anche essere visti come individui con una nostra specifca identità.

Ci sono ancora pochi ruoli da protagonis­ta per le donne nel cinema americano?

Di recente si è parlato molto delle discrimina­zioni di genere a Hollywood, ma in ogni campo ci sono diseguagli­anze di stipendio fra uomini e donne. C’è ancora molto da fare, ma si progredisc­e solo identifcan­do un problema e affrontand­olo. I suoi flm affrontano spesso tematiche complesse, permette ai suoi fgli di vederli? Non li vedono, assolutame­nte no. Spesso sono flm vietati ai minori e mia fglia ha solo 13 anni; mio fglio invece ne ha 17, potrebbe vederli, ma non gli interessan­o. In fondo chi vuole vedere la madre al lavoro? Nessuno.

Ultimament­e si sta facendo conoscere anche come scrittrice.

Non esageriamo. Non sono Philip Roth, scrivo solo piccole storie per ragazzi con un vocabolari­o molto semplice. Lo faccio per abituare i bambini a confrontar­si con l’altro da sé, con chi appare a prima vista straniero e diverso, ma può diventare molto familiare. Mi concentro su cose che a noi sembrano di poca importanza, ma per un bambino sono cruciali. Ho dedicato un libro intero alla perdita di un dente. In un altro parlo di come riempire al meglio la borsa con le cose necessarie a svolgere i compiti di scuola. Racconto cose che mi sono successe da piccola o che ho notato nei miei fgli.

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