Corriere della Sera - Io Donna
(RI)SPOSATE E CONTENTE Quelle che non demordono. E ci provano due, tre volte...
n’usanza austriaca del secolo scorso voleva che le spose, quando varcavano per l’ultima volta da nubili la soglia della casa dei genitori, ricevessero in dono dalla madre un fazzoletto nuovo. Quel fazzoletto bisognava tenerlo stretto in mano durante la funzione religiosa, mentre il sacerdote chiedeva con frasi di rito l’impegno reciproco dei nubendi. A quel punto, resasi conto dell’irreversibilità della situazione, la sposa scoppiava a piangere. Il fazzoletto serviva appunto ad asciugare le lacrime. La sera stessa andava riposto nella biancheria della casa coniugale, senza esser lavato né utilizzato sino alla morte della proprietaria. A quel punto, “il fazzoletto delle lacrime” veniva adagiato sul volto della morta, per coprire l’aspetto cereo di chi ci ha lasciati. Quale allegria. La presenza del fazzoletto jettatore tra la mura domestiche mi fa pensare al fenomeno sociale del femminicidio. Un signore scettico sulle gioie del matrimonio mi ha detto: «Chiediti come mai quando muore o sparisce una donna si pensa subito al marito». Già. Come mai.
La scheda di Gelasio Gaetani d’Aragona
Sarà per questo che, fglia di separati, nipote di separati, sorella di separati, non mi sono mai sposata. Tuttavia, ultimamente mi trovo ad ammirare donne soprattutto americane che non demordono: si sposano due, tre, quattro volte, magari anche a più di ottant’anni. Mi diverte l’idea che ci si rimetta in gioco cercando alchimie diverse da quelle che spingono a sposarsi quando si è ragazzi. «Un secondo matrimonio è il trionfo della speranza sull’esperienza » ha scritto nel Settecento l’erudito lessicografo Samuel Johnson. Ecco allora che quel trionfo della speranza mi fa pensare al lavoro di chi impianta una vigna, e passano anni prima che produca un buon vino, e la caparbietà, la capacità di insistere, la volontà contano immensamente. Tutto questo per dire che sto per brindare ai vostri futuri matrimoni con un bicchiere di sontuoso rosso toscano. Il trionfo della speranza, ecco a cosa penserò assaporando le sue note seducenti e vigorose, profonde e speziate - proprio come devono essere quelle di un buon matrimonio.
(l’intenditore)
Ferruccio Ferragamo è un “patriarca”. Legatissimo ai fgli, alle nuore, ai tanti nipotini e alla sua compagna. Ma… il suo grande amore è la tenuta del Borro sulle colline del Valdarno, vicino ad Arezzo. Anche i suoi vini sono un gesto d’amore. Questo, in particolare, da uva Syrah al 100 per cento, Ferragamo l’ha voluto dedicare al marchese Alessandro dal Borro, primo proprietario dell’antica tenuta. Il colore è scuro, con accenni violacei. Al naso è penetrante, carico di frutti neri e rossi, con note speziate di pepe verde e nero. Il sapore è seducente, potente ma rasserenante. Un modo elegante di essere. Come il patriarca che lo ha concepito, è un vino “sapiente”. Prodotto solo in formato Magnum in numero limitato, è un vino da collezione. Prezzo: da 100 euro.