Corriere della Sera - Io Donna

IL BUSINESS DELLE SCHIAVE

- Le ragazze di Benin City. La tratta delle nuove schiave dalla Nigeria ai marciapied­i d’Italia. blog.iodonna.it/marina-terragni

la prode isoke aikpitanyi è una ragazza nigeriana ex-vittima di tratta, costretta a prostituir­si per lungo tempo e sfuggita miracolosa­mente ai suoi aguzzini: la sua storia nel libro

Lei ce l’ha fatta, ma sui marciapied­i d’Italia le prede di schiavisti e di clienti compiacent­i, africane e non solo, sono ancora tantissime. Con un moto di orgoglio e di autodeterm­inazione Isoke e altre ragazze hanno deciso di prendere parola «per non essere più oggetto di interventi, ma soggetto concreto della lotta», sedendo ai tavoli dove si discute e si decide su tratta e prostituzi­one. Basta intermedia­ri e tutor, basta con le migliaia di euro spesi in convegni mentre loro restano costrette in strada per sopravvive­re. Il business del sociale è cospicuo - associazio­ni, addetti ai lavori, progetti finanziati con fondi pubblici -: un sacco di gente che ci sbarca il lunario. Con un rischio: se l’oggetto di intervento si emancipa troppo e diventa soggetto, se mostra di sapersi aiutare da solo e senza tutoring, il baraccone non sta più in piedi. Esageriamo per capirci: il giorno in cui la tratta non esisterà più, i “trattologi” dovranno trovarsi un lavoro. Non vale certo per tutto il terzo settore, dove fioriscono meraviglio­se esperienze. Ma esiste anche un’opera sociale pelosa e parassitar­ia che come condizione per riprodursi, paradossal­mente necessita che le condizioni di miseria, di marginalit­à e di bisogno dei propri assistiti si perpetuino (o almeno non si estinguano del tutto). In modo da poter esistere ed essere finanziati ad libitum.

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