Corriere della Sera - Io Donna

SEDUTI IN QUEL BISTROT...

- Illustrazi­one di Andrea Pistacchi Un etnologo al bistrot

Dopo averci raccontato i non-luoghi metropolit­ani, dove la nostra solitudine urbana cresce a dismisura, il francese Marc Augé, con il suo nuovo e imperdibil­e libro, ( Raffaello Cortina), rivaluta per tutti noi quello che per i francesi, più che uno spazio pubblico, è da sempre una seconda casa: il bistrot. Esercizio pubblico di difficile traduzione perché non è solo un bar con tavolini, né un ristorante con poche pretese, bensì un locale in cui si può sconfigger­e l’isolamento causato dallo stress cittadino, coltivando relazioni con gli habitué, leggendo, scrivendo o solo guardando il mondo che passa. «Il bistrot non è un club e non esclude nessuno. È uno spazio aperto su altri spazi, sulla strada e sulla vita ». Per Augé, i centri commercial­i, le stazioni, i grandi alberghi sono aree anonime prive di memoria, luoghi della modernità, deputati al passaggio frettoloso e nevrotico di un quotidiano malinconic­o. Tutt’altra musica l’ambiente del bistrot che ci riporta alla «nostra condizione umana di avventori curiosi e affamati di novità ».

La Francia è grande maestra di vita in questo campo, ma anche noi non scherziamo. Chi non conosce la gioia di lasciarsi cullare dal ritmo del cappuccino con cornetto del bar di quartiere dove le piccole conversazi­oni rituali sul tempo e il campionato di calcio ci traghettan­o con dolcezza verso la giornata lavorativa? Momenti ancora intimi perché vicini al risveglio, antiche consuetudi­ni che ci regalano un’armonia forse illusoria con il mondo e appagano con poco il nostro bisogno di relazioni ormai sostituito, quasi del tutto, da Fb. Georges Simenon non avrebbe scritto una riga, se non fossero esistiti i bistrot. E io avrei un carattere più irascibile, senza la sosta al bar sotto casa. Ora, grazie ad Augé, so anche che: «In un bistrot possiamo trascorrer­e il tempo a lavorare, a studiare, a scrivere o sempliceme­nte a guardarci attorno, osservando lo spettacolo della vita... Ci è data insomma la possibilit­à di sentirci esistere nello sguardo degli altri». E scusate se è poco. A differenza dei luoghi che nascono per essere di passaggio, testimoni di flussi più che di soste, queste oasi metropolit­ane sono invece un prolungame­nto dei nostri appartamen­ti, liberi però da bambini urlanti e piatti da lavare. Sono seconde case di micro-villeggiat­ura esenti da Imu, gravate solo dalla tassa di pochi spiccioli di mancia. In cambio, ci fanno rivivere la nota sindrome di “Seduto in quel caffè io non pensavo a te…”. Poi, d’improvviso, succede qualcosa. E, se non succede, basta l’eccitante sensazione di apertura sul mondo che ci fa sentire vivi anche solo per lo spazio di una consumazio­ne.

fiore consigliat­o: perenne, a fiore doppio dalle sfumature rosa-arancio e giallo, che fiorisce da agosto a ottobre.

Dahlia Art Nouveau,

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