Corriere della Sera - Io Donna

LA COLLINA DELLE VEDOVE

- Blog.iodonna.it/franco-venturini

c’è una collina, alla periferia orientale di Kabul, che non ha eguali al mondo. Non perché strade e fognature siano in uno stato deprecabil­e. Non perché le abitazioni denuncino un lavoro approssima­tivo e affrettato. Nemmeno perché in quel quartiere, che esiste da quarant’anni, l’acqua corrente sia arrivata cinque anni fa e l’elettricit­à l’anno scorso. No, l’originalit­à di Zanabad, così si chiama la collina, è dovuta al fatto che ad abitarla sono soprattutt­o vedove. Vedove di guerra, come è ovvio in un Paese che la pace non la ricorda nemmeno. Le prime a giungere qui, negli anni Novanta, avevano perso il marito nella lotta tra i sovietici e i mujaheddin. E da allora, conflitto dopo conflitto, le vedove sono continuate ad arrivare. Oggi sono poco più di mille, una piccola minoranza. Ma sono anche le più tenaci tra le donne afghane. Una vedova, da quelle parti, deve sottomette­rsi agli altri uomini della famiglia, deve lavorare per loro dall’alba al tramonto e nel contempo pensare ai figli che quasi sempre impediscon­o un nuovo matrimonio. Ma le vedove di Zanabad hanno detto basta. Hanno tirato su le loro povere case di notte. Per vivere fanno le pulizie in casa d’altri, e non hanno mai ricevuto aiuti se non da qualche ong. Il prezzo della libertà è altissimo, con la paura tra l’altro che presto o tardi i talebani si ricordino di loro e facciano saltare tutto per aria. Visto che americani, italiani e pochi altri resteranno in Afghanista­n più del previsto, non sarebbe il caso di fare qualcosa anche per le vedove di una guerra senza fine?

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