Corriere della Sera - Io Donna
LA GIOCONDA? È COME LA LUNA
la parola non è facile: pareidolia. Vuol dire intravedere un’immagine familiare - un viso, un animale - in un oggetto di forma casuale. Per i bambini - e per l’umanità primitiva - è facilissimo: quella nuvola che sembra una balena. O tutte le “belle dormienti” che giacciono sugli Appennini. Qualunque bambino sa che la Luna ha una faccia. Un sorriso dolce e materno, i malinconici occhi all’ingiù. Attingendo all’immaginario infantile, Bernardo Bertolucci nel suo rappresenta il conflitto edipico sovrapponendo il viso della madre a quello del satellite. Ne ha parlato perfino Plutarco ( Adelphi). Ci penso da anni: il mistero della Gioconda - quello sguardo che ci segue, il suo enigmatico sorriso- probabilmente è tutto qui. Il volto di Monnalisa è la faccia della Luna, quel sorriso, quegli occhi un po’ all’ingiù. Per questo la riconosciamo come qualcuna che sta con noi da sempre, e per sempre. Secondo una tra le molte ricostruzioni della vicenda, Leonardo dipinse quel ritratto su commissione di Giuliano de’ Medici, figlio di Lorenzo il Magnifico. Gran tombeur, Giuliano aveva avuto un figlio dall’urbinate Pacifica Brandano, morta di parto. L’orfano fu battezzato Ippolito e riconosciuto da Giuliano, che lo prese con sé. E chiese a Leonardo di realizzargli un ritratto di madre, in modo che il piccolo ne avesse una almeno in effigie. Per questo volto di madre - della stramba teoria mi assumo l’esclusiva responsabilità, e comunque giù le mani, il copyright è mio - Leonardo si ispirò alla faccia della Luna, archetipo del materno. Vorrei averlo qui a darmi ragione.