Corriere della Sera - Io Donna
MATERNITà NON è OSPITALITà
scrivo da tanti anni sull’utero in affitto (o gestazione per altri, secondo l’esangue correctness): ragionamenti che trovate nel blog. Tutto molto complesso, ma in fondo semplice: “I figli non si pagano”, per dirla con Filumena (Marturano). Mi pare che ci sia lotta tra un modo femminile e uno maschile di vedere la faccenda: per tanti uomini (e per talune donne) l’utero è un povero viscere cavo, semplice contenitore, e la donna il contenitore del contenitore. Una matrioska. Le cose vanno da sole. Aristotele era anche più netto: quel viscere è la matrice passiva in cui l’uomo genera l’uomo. La donna mette a disposizione la materia prima inerte che il maschio anima, dandole forma. Il vero genitore, per farla breve, è lui. Ed ecco con lampante chiarezza il fondamento del patriarcato. Oggi il contributo femminile alla generazione è innegabile: metà del patrimonio genetico è della donna. Ma parcellizzando la maternità, l’utero in affitto ci riporta a un’idea patriarcale della gestazione come semplice ospitalità. E invece è proprio nella gestazione che si realizza il legame tra madre e creatura: in quel complesso e incessante scambio biochimico (processo epigenetico) che insieme al patrimonio genetico farà del bambino/a la persona irripetibile che sarà. Quando sarà partorito/a, è a quella madre che si vorrà riattaccare, è con lei che si sentirà una cosa sola, è il suo odore, la sua voce, il suo corpo che riconoscerà. Della genetica non gli importerà nulla. Non dico che gli uomini di queste faccende non dovrebbero parlare. Ma sarebbe bene che sapessero porsi in ascolto, con una certa umiltà.