Corriere della Sera - Io Donna
VERITà PER MIO FIGLIO, GIULIO REGENI
Questo spazio è riservato a Paola e a Claudio Regeni, i genitori di Giulio, il ricercatore italiano torturato e ucciso in Egitto. Sono una madre e un padre che chiedono di sapere la verità sulla fine di loro figlio. Una verità che il regime egiziano ha, finora, soltanto insabbiato, fornendo piste investigative improbabili e offensive, buone solo per tenere al sicuro i responsabili dell’omicidio
«Come ho già detto - spiega la signora Paola Regeni - ho riconosciuto mio figlio dalla punta del naso. Così me lo hanno restituito dall’Egitto: solo dalla punta del naso sono riuscita a riconoscerlo. E io, adesso, pretendo di sapere chi e perché l’ha ridotto così. Giulio era solo un ragazzo, era andato in Egitto per fare ricerca, per conoscere, sapere, Giulio era un ragazzo contemporaneo. Non era un giornalista e non era una spia. Ci avevano sconsigliato di vederlo, all’obitorio, in Egitto. Ma quando il corpo di Giulio è arrivato in Italia mi sono detta no, una mamma deve guardarlo suo figlio, una mamma non può fare la vigliacca con suo figlio. E allora l’ho visto, l’abbiamo visto io e mio marito e in quel momento qualcosa si è bloccato dentro di me. Io, prima, piangevo per un niente. Da quel momento, da quando l’ho riconosciuto dalla punta del naso, non ho più lacrime: piangerò solo quando saprò chi, in Egitto, ha ucciso mio figlio. Confido nel governo italiano. Confido che non tolleri più le sceneggiate del governo egiziano. Un cittadino italiano non può essere preso e torturato e ucciso fra sofferenze atroci».