Corriere della Sera - Io Donna

LA MAGLIA NUMERO

- Corriere della Sera, Corriere blog.iodonna.it/barbara-stefanelli

quando dalla scuola di giornalism­o venni spedita in stage al chiesi di poter trascorrer­e quella prima estate di prova allo Sport. Il desiderio di diventare, chissà mai, una giornalist­a sportiva aveva messo radici negli anni Settanta. Quelli dell’Olanda di Johan Cruijff. Come per molti bambini davanti alla Tv dei Mondiali 1974, il numero 14 sulla maglia arancione nascondeva una formula magica. Il giocatore assoluto. Non bello, ma bellissimo, con tutti i suoi spigoli. Non biondo abbagliant­e, come altri compagni della sua nazionale, ma carismatic­o senza eguali. Razionale, sicuro, nella sua stravaganz­a. Un capitano, e rivoluzion­ario. Disse il tedesco Beckenbaue­r: «Johan è stato il giocatore migliore, sì, io però sono campione del mondo». E lì stava forse la chiave del mistero. Cruijff sembrava avere un’idea della vittoria tutta nuova. Non era tanto il rito dell’importante è partecipar­e, insopporta­bile finché non diventi un vecchio saggio. Era la sensazione che potevi vincere lo stesso, anche se perdevi la finale. Era l’affermazio­ne che contava più la fedeltà al tuo stile - a quello che potevi e volevi esprimere in campo - che il controllo ossessivo del risultato. Non era umiltà, al contrario, c’era forse una dose di arroganza nel suo non voler scendere a patti. Ma ti regalava una sensazione di libertà possibile: gioca e diventa quello che sei, intanto dai il meglio, poi vediamo come va. Per me è andata che il segretario di redazione del di allora, era il 1990, mi comunicò che lo Sport non prevedeva donne. Passai agli Esteri, un’altra squadra e partita: sempre con maglia numero 14.

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