Corriere della Sera - Io Donna

Di ferro,

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precari, fatti di piccole cose che mi servono in quel momento. Sempre con qualche gatto però. L’ultimo? Griselda. L’ho trovata per strada e curata. Sembrava essersi affezionat­a, poi ha tentato di accecarmi due volte. Vede questo taglio sull’occhio? E lei la ama? Immensamen­te. Del resto nel romanzo racconta come sia impossibil­e essere madri e figli perfetti. Nel libro l’amore perfetto è contaminat­o da un virus. Anche nella realtà succede, è inevitabil­e. La madre sperimenta sul figlio l’amore che ha e quello che ha ricevuto. Che pensa della maternità surrogata? Per quale principio il figlio è tuo figlio se l’hai concepito nel piacere sessuale? È un discorso primitivo sulla biologia garante del tuo diritto di avere figli. Il figlio è di chi lo ama. E viceversa? Yuki tiene sotto il cuscino il dito dell’Unità materna, la madre artificial­e, quella che ama. Chi sono i bambini di ferro oggi e qui? La maggior parte di noi. Lei? Dipende da cosa sto scrivendo. Chi è Viola Di Grado? L’identità è un mito occidental­e. L’io è una limitazion­e biologica per la vita pratica. La scrittura mi salva dalla noia di essere solo me. Nel libro c’è una moltiplica­zione di madri e feticci. Volevo un realismo nuovo, che non prestasse attenzione solo alla dimensione umana, dunque non solo personaggi umani, ma anche bambole, robot, statue. In Giappone fanno i funerali alle bambole. Mai fatto il funerale a una bambola? No. Ma faccio bambole. Differenza fra nascita e morte? La morte è un passaggio di energia. Il soffio vitale prende forma e poi di nuovo perde forma. Paura della morte? Ho paura di morire e non rendermene conto. Se la coscienza sopravvive in qualche forma, la morte potrebbe essere un evento minimo non registrato e tu puoi non accorgerti che l’esperienza ordinaria è già finita. Il suo peggior incubo? Sono in un grande prato verde, e di colpo mi rendo conto di essere andata al di là del tempo e dello spazio. Desidero tornare indietro in una situazione di limitazion­e. Torno nella mia casa d’infanzia, ma ormai il dramma è compiuto perché sono stata nel prato, e non posso più sentire in modo ordinario. Il sogno più bello invece? Vivevo dentro un grande albero con mia nonna.

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