Corriere della Sera - Io Donna
UN NONNO SU CUI CONTARE
ma quanto sono belli, alti, pure poliglotti, e quanto sono fragili i nostri ragazzi? Ringrazio i lettori che mi hanno scritto le loro considerazioni sul tema. Qualcuno mi ha fatto sorridere: una lettrice mi ricordava che anche i ragazzi e le ragazze della sua generazione negli Anni 60 erano altissimi. Di sicuro più della generazione precedente, cresciuta con il cibo razionato dalla guerra. Ma quando riguardo le foto con i miei compagni di scuola - primi Anni 80 - al confronto dei diciottenni di oggi sembriamo una classe di un Paese in via di sviluppo, con i vestiti comprati al mercato, le biciclette, i sorrisoni; il più alto era un metro e 79, oggi un ragazzo di un metro e 79 è il più basso della classe. Ma non è ovviamente solo questione di altezza. La cosa che fa più paura è la rassegnazione: come se la partita fosse già giocata, e perduta. Tra i molti messaggi mi ha colpito questo, scritto da un nonno: «L’accelerazione tecnologica del terzo millennio non ha niente a che vedere con i ricambi storici dei quali siamo gli ultimi testimoni (la mia generazione e la sua). Male? Bene? Regolare. Questa generazione crescerà in questo mondo buttando le basi delle future generazioni. E noi che ne siamo ponte siamo fuori tempo. Quindi: o ci adeguiamo e partecipiamo, cerniera per trasmettere certi valori antichi, o ce ne usciamo. Io a 72 anni partecipo e parteciperò fino all’ultimo giorno della mia vita. Capire che abbiamo un ruolo importante ci fa essere senza tempo. Saluti, Antonio Di Natale, Milano».