Corriere della Sera - Io Donna
EFFETTO NOIA. DI GENERE
françois-henri pinault ha annunciato che il Cda di Kering, protagonista del lusso mondiale, sarà composto “per quasi due terzi da donne”. Molto più di quanto prevedano le leggi francesi. Molto più di quanto le aziende, in fondo, siano disposte ad augurarsi per il proprio futuro (il presente non è quasi mai in discussione). Perché la verità - spiega Maria Silvia Sacchi, giornalista del che ha una conoscenza profonda e aggiornata delle questioni di equità & impresa - è che non c’è studio/algoritmo/statistica che tenga. Tu puoi sgolarti a forza di numeri per dimostrare come la diversità incoraggi i bilanci. Ma tutti quei discorsi - preparati con la speranza di stupire la platea - finiranno per rappresentare soltanto una seccatura. Una ricerca - realizzata da Ewsdge (European Women Shareholders Demand Gender Equality) e sostenuta dalla Comunità europea descrive una situazione statica: esiste un gruppo di società “illuminate”, che attribuisce alla diversity dignità di agenda all’assemblea degli azionisti, circondato da una moltitudine di aziende, che ritiene il tema irrilevante per i soci. L’organizzazione - guidata da Sabine Overkämping e coordinata in Italia da Manuela Cavallo e Antonia Verna - è arrivata a questa sintesi dopo aver esaminato 125 grandi imprese quotate in Borsa in 11 Paesi Ue. Che fare per vincere l’effetto noia di genere? Servono buone leggi, cultura, educazione. E servono aziende, capaci di sviluppare quelli che vengono definiti “percorsi di leadership”. Con una motivazione semplice: avere donne nei luoghi decisionali aiuta il business. O un’altra: avesse ragione Pinault?