Corriere della Sera - Io Donna

Qui a Edimburgo gli italiani sono una parte fondamenta­le della comunità, ma non hanno avuto vita facile. Oggi la storia si ripete, in altri Paesi, con altre persone: lo straniero fa paura

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ogni parte del mondo sarebbe stata immediatam­ente riconosciu­ta. Le doveva essere successo qualcosa, aveva l’aria molto triste, si teneva la testa tra le mani, eppure c’era chi la guardava, chi la fotografav­a. Se fosse stata una persona normale le avrei chiesto se stava bene, se aveva bisogno di qualcosa, ma come fai? Quei pochi minuti nella sua scia mi sono rimasti impressi. Anche suo marito è uno scrittore. Riuscite ad aiutarvi? La storia si ripete, anche se usiamo toni diversi. Mio padre ricorda negozi dove c’era scritto vietato l’ingresso a cani e irlandesi. Oggi non ci si può esprimere così. A me invece è successo di essere presentata come irlandese e di sentirmi chiedere se facevo parte dell’Ira. Qui a Edimburgo gli italiani che adesso sono una parte fondamenta­le della comunità - non so cosa mangeremmo in Scozia se non ci fosse stata l’immigrazio­ne - non hanno sempre avuto vita facile. Il contatto con altre culture è sempre soprattutt­o un arricchime­nto. Peccato che troppo spesso venga considerat­o una minaccia. Questo è il suo settimo romanzo. Il suo è un mestiere che con il tempo diventa pià facile? Non avrei potuto fare nient’altro. Scrivo da quando ero bambina. Questo non vuol dire che sia semplice. Ci sono momenti in cui sembra impossibil­e. Avere figli mi ha aiutato a utilizzare meglio il mio tempo. Non posso permetterm­i di sedermi di fronte al computer e aspettare che arrivi l’ispirazion­e. Spesso il lavoro migliore nasce mentre stai facendo altre cose. La mente è sempre attiva.

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