Corriere della Sera - Io Donna
Agire sulle scuole, progettare per gli spazi vuoti delle città: il sottile filo rosso che lega i lavori è la partecipazione attiva delle comunità chiamate a decidere
è volto a sperimentare materiali ad alta sostenibilità ambientale, riflettendo su quanto possano incidere sulle economie locali. Nulla di tecnologico o avanguardistico. I suoi ingredienti di progetto sono sempre materiali poveri o poverissimi, come la terra “cotta” che costituisce l’ossatura del centro Volontariat Homes for Homeless Children di Pondicherry ( India) o le bottiglie di vetro che forgiano gli archi di sostegno nel tetto della Wall House, l’installazione progettata nel 2012 alla Biennale “Commons Ground”. Prima linea, nella definizione di Alejandro Aravena, significa comunque anche agire sul mondo che conosciamo, quello limitrofo a casa nostra. È il caso di Maria Alessandra Segantini, anima dello studio C+S Architects, con sede a Treviso e Londra, da anni impegnata nella riscrittura delle infrastutture di servizio, a partire dalle scuole, progettate con nuova sensibilità, immaginandole non più semplici edifici ma come luoghi “politici”. Quella di Chiarano, nel Veneto, ha vinto il Premio Piranesi 2014. Prima di partire con la progettazione, C+S Architects ha coinvolto la comunità locale con uno speciale spettacolo teatrale, in cui gli architetti, i bambini, un insegnante di recitazione e un musicista hanno interagito insieme per modellare una scuola a misura di desideri e bisogni. Con “Reporting from the Front”, Aravena non dimentica il passato. L’art producer Sascha Hastings - impegnata nel team della School of Architecture dell’Università di Waterloo, Canada - è tra gli autori di una delle installazioni più toccanti: “Room Q: The Evidence Room” (in italiano, “La stanza delle prove: la battaglia”). L’opera prende ispirazione da un fatto di cronaca, avvenuto all’inizio del 2000, al termine di una battaglia legale presso la Corte Suprema di Londra, dove la lettura forense delle planimetrie di Auschwitz giocò un ruolo importante nella confutazione del negazionismo sull’Olocausto. Per Aravena anche questo è progetto: l’architettura come presa di coscienza. Una nuova via, dopo i grandi successi e insuccessi dell’architettura delle archistar planetarie che hanno scolpito il nostro presente con super edifici smaglianti e iconici, tanti render che sono rimasti tali, qualche cattedrale nel deserto, molte domande dirette a chiederci chi siamo e cosa vorremmo. Dal futuro, o dal nostro passato.