Corriere della Sera - Io Donna
L’alternativa era impiegarsi presso un magazzino di lusso, frequentati da uomini ricchi. Da Macy’s, a New York, si monitoravano i corteggiamenti tra commesse e clienti. Quella della “shopgirls” divenne una categoria di donne in cerca
IL TREND DELLA COMMESSA Oggi, che un uomo paghi per la cena è quasi retrò, allora indecente. Non c’erano precedenti di donne che incontrassero sconosciuti al bar, al ristorante. Se non di prostitute. Ragazze che accettavano appuntamenti dagli uomini venivano indagate, spesso anche arrestate. “Telefoniste, stenografe e commesse mostrano tutte una morale licenziosa”, riportava nel 1905 uno dei tantissimi agenti sotto copertura di una speciale commissione sui costumi. Le vere motivazioni erano meno moraliste: per secoli il destino delle donne era stato dettato dagli uomini, l’idea che potessero diventare indipendenti costituiva una minaccia all’ordine sociale. Così a Chicago le single venivano chiamate “donne alla deriva”.
Tutto questo per fortuna passò, e negli anni Venti il dating entra nella cultura popolare. Non che uscire con gli uomini ci avesse liberate. Intervistando ragazzine all’ultimo anno di liceo sui futuri obiettivi, una nota sociologa raccolse un sacco di “Diventare segretaria del capo e poi sposarlo”. L’alternativa era impiegarsi presso un grande magazzino. Quelli di lusso, frequentati da uomini ricchi. Da Macy’s, a New York, una newsletter interna monitorava, nella pagina del gossip, i corteggiamenti tra commesse e clienti. Quella della “shopgirls” divenne proprio una categoria di donne in cerca. Curiosamente, in
di Nora Ephron (1998) è proprio “shopgirl” l’alias che Meg Ryan usa per chattare.
Ma al dating si deve la nascita di moltissime industrie. Tra il 1945 e il 1960, il reddito pro capite negli Usa aumenta del 35%, e i giovani hanno a disposizione più soldi che mai prima. Proliferano i fast food, i cinema drive-in. E molto prima di Tinder, ad allarmare i genitori era l’automobile. “La facilità con cui una coppia può appartarsi, lo spirito di avventato abbandono causato da alta velocità e chiari di luna”, lamentava nel 1930 un preside dell’Università del Michigan.
INVESTIRE IN ROSSETTO Negli anni Venti era esplosa l’industria cosmetica. In precedenza, solo attrici e prostitute “dipingevano il viso”, per obliterare l’accezione negativa fu inventato il termine make up. Il trucco divenne virtù: segno che una donna era disposta ad investire tempo e soldi nella cura di sé. Cliché che con gli anni si sono moltiplicati. Oggi si litiga su chi debba pagar la cena, ma sulle donne grava la cosiddetta “make up tax”: gli standard di bellezza imposti per ritenerla frequentabile (e assumibile). Solo in cosmetici, una donna spende nella vita 15mila dollari.