Corriere della Sera - Io Donna
QUESTIONE DI LOOK
la bagarre è finita. Le elezioni un ricordo. Ora si può parlare di Renzi senza essere accusati di posizioni preconcette. E allora via. Ma vi sorprenderò. Dress code, le regole per verstirsi. Daria Bignardi ha dettato la legge. Pochi ma chiari comandamenti. Mai vestirsi da sera se si va in onda la mattina, niente tacchi 12, niente scollature e braccia nude. Sobrietà per raggiungere la credibilità. Vestiti discreti e poco appariscenti. Ma è subito scoppiata la guerra. Chi sarebbe questa Bignardi per arrogarsi il diritto di dettare la norma dell’abbigliamento? Non è questo forse un attentato alla libertà personale? Io mi vesto come voglio! Ebbene no. Daria è la capa di un settore della comunicazione che deve per prima cosa comunicare la sua missione. La credibilità. Tutto quello che indossa, anche l’ultimo dei suoi bottoni, deve contribuire a convincere i telespettatori che quello che vedono è vero. Credereste a Giovanni Floris se conducesse il suo show vestito da carcerato? Che cosa pensereste di un giornalista che presentasse il Tg con la maglietta del Chievo? Daria ha tutti i diritti per imporre ai lavoratori di Rai 3 un look (scusate, mi è proprio scappata la parola) che possa aiutarla a veicolare l’immagine che ha scelto per la sua rete. Esiste la libertà di vestirsi come si vuole ma se si recita il Macbeth bisogna obbedire al regista e indossare il costume di scena. Il privato cittadino si vesta come vuole. Ma quando si accendono le telecamere deve essere adeguato al suo ruolo. Daria è renziana. Vabbè, mica le sbagliano tutte tutte.