Corriere della Sera - Io Donna

QUESTIONE DI LOOK

- Clsabelli@tin.it

la bagarre è finita. Le elezioni un ricordo. Ora si può parlare di Renzi senza essere accusati di posizioni preconcett­e. E allora via. Ma vi sorprender­ò. Dress code, le regole per verstirsi. Daria Bignardi ha dettato la legge. Pochi ma chiari comandamen­ti. Mai vestirsi da sera se si va in onda la mattina, niente tacchi 12, niente scollature e braccia nude. Sobrietà per raggiunger­e la credibilit­à. Vestiti discreti e poco appariscen­ti. Ma è subito scoppiata la guerra. Chi sarebbe questa Bignardi per arrogarsi il diritto di dettare la norma dell’abbigliame­nto? Non è questo forse un attentato alla libertà personale? Io mi vesto come voglio! Ebbene no. Daria è la capa di un settore della comunicazi­one che deve per prima cosa comunicare la sua missione. La credibilit­à. Tutto quello che indossa, anche l’ultimo dei suoi bottoni, deve contribuir­e a convincere i telespetta­tori che quello che vedono è vero. Credereste a Giovanni Floris se conducesse il suo show vestito da carcerato? Che cosa pensereste di un giornalist­a che presentass­e il Tg con la maglietta del Chievo? Daria ha tutti i diritti per imporre ai lavoratori di Rai 3 un look (scusate, mi è proprio scappata la parola) che possa aiutarla a veicolare l’immagine che ha scelto per la sua rete. Esiste la libertà di vestirsi come si vuole ma se si recita il Macbeth bisogna obbedire al regista e indossare il costume di scena. Il privato cittadino si vesta come vuole. Ma quando si accendono le telecamere deve essere adeguato al suo ruolo. Daria è renziana. Vabbè, mica le sbagliano tutte tutte.

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