Corriere della Sera - Io Donna
Cinema
horror Appena arrivata a Los Angeles, la sedicenne Jane sbaraglia la concorrenza delle altre modelle con la sua indifesa immagine virginale, ma finisce per innescare la vorace gelosia delle ragazze spodestate. Accolto con pochissimo entusiasmo all’ultimo festival di Cannes, il film di Winding Refn vorrebbe essere una riflessione sul bello e le sue declinazioni nel mondo della moda: tante immagini inerti, fredde e stilizzate, che dovrebbero svelare la purezza della bellezza e la sua pericolosità sociale. Salvo poi cercare di sorprendere lo spettatore, con scene al limite dell’incoerenza o della gratuità: il puma che passeggia nella stanza di un motel, l’accoppiamento necrofilo di una modella lesbica, un “rimorso” gastrico più comico che drammatico. Ne esce una riflessione di una povertà e uno schematismo sconcertante, vanamente mascherata da troppe, inutili citazioni (da Bava a Lynch, da Tourneur ad Argento, a De Palma). Per dire in due ore quello che si poteva sintetizzare in tre minuti: in un mondo aleatorio come quello delle immagini di moda, la volatilità dell’idea di bellezza è all’ordine del giorno.