Corriere della Sera - Io Donna
I teenager oggi hanno paura del terrorismo e di non trovare lavoro: non dovrebbero essere questioni predominanti a quella età. Ma loro sono cresciuti durante la crisi più spaventosa del secolo
agenzie di comunicazione al mondo. Non è conveniente per un’azienda porsi la domanda di come attirare questi consumatori: è necessario. Per coinvolgerli è essenziale capire cosa stimino, in cosa credano, quanto siano diversi da chi li ha preceduti. È la stessa attenzione richiesta alla società che li accoglie, alla scuola che li forma, alla famiglia che li cresce. Tre forze li stanno “modellando”. La tecnologia, innanzitutto. I ragazzi nati dopo il 1995 sono la prima vera
o - se vogliamo - i primi veri nativi digitali. «L’86% di loro possiede uno smartphone, il 73% non potrebbe farne a meno» dice Noreena Hertz, che abbiamo incontrato a Milano in occasione del network PNC ( The Power of New Culture) organizzato da Luisa Bagnoli, esperta in consulenza direzionale. E poi il terrorismo e il timore di non trovare lavoro: gli attuali teenager sono spaventati da questioni che a quell’età non dovrebbero essere predominanti. «La Generazione K» spiega Hertz, che ovviamente si riferisce ai teenager occidentali «non ha avuto esperienza diretta di attacchi terroristici, ma è abituata alle immagini di bombe e decapitazioni sulla propria timeline di Facebook». Ed è cresciuta durante la peggiore crisi economica dell’Occidente dal 1929: «Il 97% di loro è preoccupato per la disoccupazione, il 73% per i debiti».
sono ragazzi ansiosi, immersi in un contesto che vogliono cambiare. Anche in modi contraddittori: «Solo il 6% di loro si fida dei brand globali, contro il 60% degli adulti. Ma tutti vorrebbero lavorare in Google» racconta Hertz. «Sembrano più fiduciosi nelle banche: forse ci vedono la protezione dei loro risparmi». Questo li accomuna